L’on. Gero Grassi interviene alla Camera sul Trattato ONU Armi

L’on. Gero Grassi interviene alla Camera sul Trattato ONU Armi

Intervento dell’on. Gero Grassi svolto alla Camera dei Deputati giovedì 12 settembre sul Trattato ONU armi

 
Signor Presidente, io credo che sia molto importante questo Trattato anche per il momento in cui si discute, dopo le parole del Papa, ma anche
dopo le parole del Presidente Letta e l’atteggiamento che l’Italia ha avuto sul caso della Siria. Dico che è importante anche perché l’Italia sarebbe, purtroppo, soltanto il terzo Paese a ratificare il Trattato, dopo l’Islanda e la Guyana, e questo dato la dice lunga sulla sensibilità che c’è sul tema.
È anche importante riflettere sul fatto che questo Trattato ha avuto un percorso di sette anni, sette anni di discussione: tantissimi in un mondo che produce troppe armi. Così come va fatta una riflessione sugli Stati che hanno votato contro questo Trattato, che, guarda caso, sono l’Iran, la Corea del Nord e la Siria, ahimè.
Ma una riflessione va fatta anche sugli Stati che si sono astenuti, che non sono Stati secondari: la Russia, la Cina, l’India…

Intervento dell’on. Gero Grassi svolto alla Camera dei Deputati giovedì 12 settembre sul Trattato ONU armi

 
Signor Presidente, io credo che sia molto importante questo Trattato anche per il momento in cui si discute, dopo le parole del Papa, ma anche
dopo le parole del Presidente Letta e l’atteggiamento che l’Italia ha avuto sul caso della Siria. Dico che è importante anche perché l’Italia sarebbe, purtroppo, soltanto il terzo Paese a ratificare il Trattato, dopo l’Islanda e la Guyana, e questo dato la dice lunga sulla sensibilità che c’è sul tema.
È anche importante riflettere sul fatto che questo Trattato ha avuto un percorso di sette anni, sette anni di discussione: tantissimi in un mondo che produce troppe armi. Così come va fatta una riflessione sugli Stati che hanno votato contro questo Trattato, che, guarda caso, sono l’Iran, la Corea del Nord e la Siria, ahimè.
Ma una riflessione va fatta anche sugli Stati che si sono astenuti, che non sono Stati secondari: la Russia, la Cina, l’India.
Un’altra riflessione va fatta nel merito del Trattato, sulla possibilità che agli Stati parte del Trattato viene data la possibilità di superare il Trattato stesso se le armi rimangono a disposizione dello Stato. Io mi chiedo come si comporterebbe la Siriao l’Egitto in un’ipotesi del genere. Affermiamo queste cose, non in termini di contrapposizione al Trattato, ma perché avremmo voluto un Trattato più audace, un Trattato più coraggioso, un Trattato che, accanto alla regolamentazione delle armi, diffondesse un’idea di pace che nel Trattato non c’è. Perché il Trattato è pars destruens sulla illecita circolazione di armi, ma non ha una pars construens dell’idea di pace che deve sovrastare le armi.
Io non credo alla ineluttabilità della guerra e non credo alla ineluttabilità della costruzione di armi.
Rilevo che nel Trattato manca una parte di speranza, di fiducia, di coraggio, a dire agli Stati, a tutti gli Stati, che non si incrina l’economia, lo sviluppo e la produzione di un popolo se invece delle armi si costruisce altro.
Nel Trattato manca anche un input verso gli Stati più focosi dal punto di vista della guerra, ad immaginare un percorsosociale, umano, culturale, alimentare, sanitario che si sostituisca a quello delle armi. Questa è la mia considerazione negativa sul Trattato, accanto a quella positiva anche di orgoglio di appartenere ad uno Stato che è, ahimè, il terzo a ratificarlo.
Concludo dicendo che in questa materia dobbiamo avere più coraggio, dobbiamo avere la capacità di sfidare ilmondo, di non rassegnarci a questa condizione di torpore e di sudditanza alla costruzione e all’uso delle armi.
C’era uno slogan molto diffuso alcuni anni fa, era molto bello: « La pace si può, comincio io però ». Non aspettiamo chesiano gli altri.
Concludo con una frase di un vescovo in odore di santità, don Tonino Bello, il quale diceva che la pace non è soltanto il silenzio delle armi, ma la comunione dei popoli.