IL DOMANI D’ITALIA – Testamento Biologico

IL DOMANI D’ITALIA – Testamento Biologico

Testamento Biologico
IL DIFFICILE CONFINE TRA LIBERTA’ INDIVIDUALE E IL SENSO PIU’ PROFONDO DEL RISPETTO DELLA VITA UMANA di GERO GRASSI
 
L’ARTICOLO 32 DELLA COSTITUZIONE ITALIANA RECITA: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.
E vero che l’articolo 32 afferma che “Nessuno può essere obbligato ad un trattamento sanitario, se non per disposizione di legge”, ma è altrettanto vero che nello stesso articolo si ribadisce che: “la legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.
L’articolo 32 è tiglio dell’immediato dopoguerra. In quegli anni era necessario che la Costituzione offrisse ai cittadini strumenti giuridici, per tutelarsi dalle spaventose sperimentazioni, verificatesi nei campi di sterminio nazisti. E quindi un inno alla vita ed uno strumento per tutelare la salute dei cittadini, non certo una porta aperta verso l’eutanasia.
Aldo Moro il 28 gennaio 1947, in merito alla discussione sull’articolo 32, dichiarò: “Si vuoi soltanto vietare che la legge, per considerazioni di carattere generale e di male intesa tutela degli interessi collettivi, disponga un trattamento (obbligatorio)… Si tratta di un problema di libertà individuale che non può essere garantito dalla Costituzione, quello cioè di affermare che non possono essere imposte obbligatoriamente ai cittadini, pratiche sanitarie, se non vi sia una disposizione legislativa.
Già nell’intento dei padri costituenti, quindi, l’articolo 32 si dispose a baluardo della libertà individuale in ambito medico.
Moro nel discorso pronunciato in Assemblea Plenaria il 13 aprile 1947 ribadì: “Uno Stato non è veramente democratico se non è a servizio dell’uomo, se non ha come fine supremo la dignità, la libertà, l’autonomia della persona umana, se non è rispettoso di quelle formazioni sociali nelle quali la persona umana liberamente si svolge e nelle quali essa integra la propria personalità”. Anche in questo caso mi pare che qualcuno stia tentando di strumentalizzare il pensiero di Aldo Moro estrapolando frasi da contesti ben più ampi. Chi conosce profondamente il pensiero dello statista pugliese (conosce anche la sua profonda religiosità), il suo rispetto per la persona prima ancora che per il cittadino, l’attenzione che aveva per le persone fragili e poco tutelate. “Ogni persona è un universo” aveva scritto nel 1947. Dichiarare, dunque, che l’onorevole Moro con le sue parole aveva lasciato presagire una propensione all’eutanasia, è una forzatura che non posso far passare. Lo dico al senatore Ignazio Marino e a quanti sostengono questa tesi. C’è una sentenza della Corte Costituzionale, n.1 84 del 30 giugno 1986 che pur nella complessità della materia, fa chiarezza su tutto ciò. Nei fiumi di inchiostro versati si legge in riferimento peraltro alla precedente sentenza n.88 del 1979 “li bene afferente alla salute è tutelato, come diritto fondamentale della persona, direttamente dalla Costituzione. La lettera del primo comma dell’art. 32 della Costituzione, che non a caso fa precedere il fondamentale diritto della persona umana alla salute all’interesse della collettività alla medesima, ed i precedenti giurisprudenziali, inducono a ritenere sicuramente superata l’originaria lettura in chiave esclusivamente pubblicistica del dettato costituzionale in materia…”.
Prima di concludere voglio citare nuovamente la Sentenza delle Corte Costituzionale n.184 del 30 giugno 1986. Presidente della Corte era il prof Livio Paladin. Relatore il prof Renato Dell’Andro, già allievo di Aldo Moro, Docente di Filosofia del diritto e Diritto penale all’Università di Bari.
La sentenza, nel combinato disposto dell’art. 32 Costituzione e dell’art. 2043 Codice Civile, pone in essere l’effettiva tutela giuridica del bene salute e conferisce al danno biologico lo status di “tertium genus” rispetto ai danni patrimoniale e morale derivante da reato.
Il danno biologico, chiamato così per la prima volta proprio in questa sentenza, diventa evento costitutivo della lesione, quindi insito nella medesima: in altre parole, la prova della lesione è, in re ipsa, prova dell’esistenza del danno biologico.
Il danno patrimoniale ed il danno morale, invece, assumono la connotazione di danni- conseguenza, ulteriori rispetto al danno biologico. Ai fini del risarcimento, quindi, il soggetto danneggiato ha l’onere di provare solo la perdita di tutte le attività afferenti alla sua persona, che non abbiano natura patrimoniale e che siano suscettibili di valutazione equitativa da parte del giudice, secondo il combinato disposto degli artt. 2056 e 1223 Codice Civile, Al contrario, il bene giuridico salute e la sua tutela non necessitano di alcuna prova, trovando garanzia nell’art. 32 della Costituzione.
Appare chiaro, quindi, come la “sentenza Dell’Andro” (dal nome del Giudice Costituzionale che ne ha esteso il testo) abbia sdoganato il concetto di danno biologico che, d’ora in avanti, sarà esplicitamente considerato “danno ingiusto”, ai sensi del combinato disposto artt. 2043 c.c. e art. 32 Cost. Si veda, a tal proposito, la sentenza della Corte di Cassazione, sez. III, n. 11164/90. Essa ha aperto la strada ad una diversa definizione del bene salute, nella cui accezione, d’ora in avanti, saranno comprese tutte le ‘funzioni naturali afferenti al soggetto nel suo ambiente e aventi rilevanza biologica, sociale, culturale ed estetica, oltre che economica” (Cass. Sez. Lav. n. 710 1/90).
La sentenza si costituisce come punto fondamentale e come espressione più completa, rilevante ed elaborata della giurisprudenza italiana in materia di danno alla persona, elemento di ampia discussione e dibattito e confronto in quel decennio, ponendosi come punto di rielaborazione di prospettiva delle sentenze precedenti della Corte Costituzionale stessa (sentenze n.87 e 88 del 1979, che evidenziavano comunque una portata innovativa importante ma limitata dall’erronea qualificazione del danno alla salute come danno patrimoniale, successivamente corretta con la sentenza in analisi) e come raggiunto punto di incontro con la giurisprudenza della Corte di Cassazione in materia di trattamento del danno biologico.
“Il riconoscimento del diritto alla salute come fondamentale diritto della persona umana, comporta il riconoscimento che l’art. 32 Cost. integra l’art. 2043 cc. completandone il concetto primario”.
Tutto ciò detto, ne deriva come interpretazione naturale che una eventuale eccezione di illegittimità costituzionale della proposta di legge sul Testamento Biologico va ampiamente rigettata in quanto la Costituzione e le leggi successive poggiano sul concetto di vita esaltato anche dall’art.32.