UN DIVERSO E PIU’ RAZIONALE REGIONALISMO

UN DIVERSO E PIU’ RAZIONALE REGIONALISMO


Nota dell’on. Gero Grassi – Vicepresidente Gruppo Pd Camera dei Deputati
 
Sul ‘Corriere della Sera’ di oggi Sergio Rizzo disegna ‘il sogno di un’Italia senza Regioni e Province, ma con 36 Dipartimenti’ proposto dalla Società geografica italiana.
Io non credo che si possa cancellare con una spugna l’esperienza del regionalismo italiano, ma penso che questa esperienza vada rivista e ridisegnata. Le Regioni non sono state solo sperpero di danaro. Sarebbe ingiusto ridurre solo a questa considerazione una esperienza forte di autonomia.
Confermo la necessità della eliminazione delle province, non l’accorpamento che non avrebbe senso e creerebbe una miriade di ulteriori problemi.
Le Regioni vanno riviste nella loro composizione: per renderle di dimensione europea e per ridisegnarle alla luce dei nuovi obiettivi che il paese si sta dando, ma anche alla luce di una non prorogabile spending review applicata e non solo proclamata…

Nota dell’on. Gero Grassi – Vicepresidente Gruppo Pd Camera dei Deputati
 
Sul ‘Corriere della Sera’ di oggi Sergio Rizzo disegna ‘il sogno di un’Italia senza Regioni e Province, ma con 36 Dipartimenti’ proposto dalla Società geografica italiana.
Io non credo che si possa cancellare con una spugna l’esperienza del regionalismo italiano, ma penso che questa esperienza vada rivista e ridisegnata. Le Regioni non sono state solo sperpero di danaro. Sarebbe ingiusto ridurre solo a questa considerazione una esperienza forte di autonomia.
Confermo la necessità della eliminazione delle province, non l’accorpamento che non avrebbe senso e creerebbe una miriade di ulteriori problemi.
Le Regioni vanno riviste nella loro composizione: per renderle di dimensione europea e per ridisegnarle alla luce dei nuovi obiettivi che il paese si sta dando, ma anche alla luce di una non prorogabile spending review applicata e non solo proclamata.
Anzitutto va eliminata la specialità per le Regioni Valle d’Aosta, Friuli Venezia Giulia, Trentino-Alto Adige, Sicilia e Sardegna. La specialità aveva un senso nel 1946 per ragioni storiche, economiche, politiche, culturali. Oggi è soltanto una specialità economica a danno del resto del Paese e crea disparità tra cittadini italiani.
In aggiunta le regioni vanno ridisegnate nei confini con l’obiettivo di creare macroregioni quali: la regione del nord-est: Lombardia-Veneto-Friuli Venezia Giulia-Trentino Alto Adige; la regione del nord ovest: Piemonte-Liguria-Valle d’Aosta; la regione del centro nord: Emilia Romagna-Toscana-Marche; la regione del centro: Lazio-Umbria; la regione del sud est: Puglia-Abruzzo-Molise-Basilicata; la regione del sud ovest: Campania-Calabria; infine le regioni insulari: Sicilia e Sardegna che restano separate per via della insularità.
Per evitare poi strascichi pericolosi, penso a quanto verificatosi negli anni settanta quando furono istituite le regioni, in Calabria ed in Abruzzo, va specificato anche che capoluogo di regione e sede degli organi regionali è il comune più popoloso.
Le Regioni devono vedere ridotto il proprio potere gestionale ed aumentata la potesta legislativa. La gestione deve passare ai Comuni perchè è quella la sede dove il cittadino pratica, attua e verifica il massimo dell’autonomia.
Il PD ed il Governo Letta devono avere coraggio, non proclamando il riformismo, ma attuandolo.
La revisione del regionalismo è una possibilità concreta di revisione costituzionale positiva, ma anche di razionalizzazione della spesa.