Sanità pugliese: amputare gli arti in cancrena per salvare la vita

Sanità pugliese: amputare gli arti in cancrena per salvare la vita


dell’on. Gero Grassi – Vicepresidente Commissione Affari Sociali Camera dei Deputati
 
C’era una volta una sanità che si presentava come un gigante buono. Accoglieva tutti sotto la sua ala protettrice. Gli ospedali proliferavano copiosi e garantivano assistenza e lavoro.
Oggi il gigante è divenuto un ‘nanetto’, compresso dai tanti debiti che ha accumulato nel tempo.
Gli sprechi, lo sperpero e le scelte errate, hanno consumato pian piano la forza del gigante, che giace stanco senza la sua linfa vitale.
La sanità pugliese è di fronte ad un bivio: amputare gli arti in cancrena, per continuare a vivere, o ansimare ancora un po’ e poi scrivere, inesorabilmente, la parola fine.
Nessuna persona saggia sceglie di ‘morire’. Se l’amputazione è necessaria a salvare la vita, la si accetta con rassegnazione e si costruisce un nuovo percorso di crescita…

dell’on. Gero Grassi – Vicepresidente Commissione Affari Sociali Camera dei Deputati
 
C’era una volta una sanità che si presentava come un gigante buono. Accoglieva tutti sotto la sua ala protettrice. Gli ospedali proliferavano copiosi e garantivano assistenza e lavoro.
Oggi il gigante è divenuto un ‘nanetto’, compresso dai tanti debiti che ha accumulato nel tempo.
Gli sprechi, lo sperpero e le scelte errate, hanno consumato pian piano la forza del gigante, che giace stanco senza la sua linfa vitale.
La sanità pugliese è di fronte ad un bivio: amputare gli arti in cancrena, per continuare a vivere, o ansimare ancora un po’ e poi scrivere, inesorabilmente, la parola fine.
Nessuna persona saggia sceglie di ‘morire’. Se l’amputazione è necessaria a salvare la vita, la si accetta con rassegnazione e si costruisce un nuovo percorso di crescita.
La sanità pugliese non può continuare a mantenere i suoi tanti ospedali, doppioni, a pochi chilometri l’uno dall’altro.
Comprendo l’amarezza dei sindaci, dei cittadini, del personale medico. Veder chiudere una struttura che ha rappresentato per decenni, il riferimento sanitario per il territorio, è doloroso, ma continuare a mantenerla aperta, senza offrire garanzie ai cittadini e agli operatori sanitari che in essa lavorano, a causa della scarsità di mezzi e risorse, è certamente più deleterio.
In questi giorni si torna a parlare di tagli di posti letto. Siamo alla ‘fase due’ del Piano di Rientro varato dalla Regione Puglia, che sarà attuata entro il 31 dicembre 2012.
Questa fase conta 800 posti letto in meno, la chiusura degli ospedali di Nardò e Conversano, che saranno riconvertiti, 10 reparti di ginecologia e ostetricia tagliati.
Non facile da accettare, soprattutto per i territori che vedono la scure abbattersi sulla propria città. 
In totale, compresa la prima fase del Piano di Rientro, la Puglia perderà entro il 31 dicembre 2012 ben  2211 posti letto e 21 ospedali, tenendo conto che 1411 posti letto e 19 ospedali erano stati già tagliati nel 2010.
Un barlume di speranza anima le popolazioni di Fasano Trani e Mesagne. Dopo una lunga discussione in Regione, questi paesi hanno mantenuto in vita le proprie strutture ospedaliere.
Anche per Corato le cose non vanno malissimo, mantiene 96 posti letto, restano attivi tutti i reparti, esclusa la lungodegenza. All’interno dello stesso presidio sono previsti 77 posti letto per il ‘Sarcone di Terlizzi’ che diventa ‘Plesso dell’ospedale di Corato’.
101 sono i posti letto per il ‘don Tonino Bello’ di Molfetta. Salvato inoltre l’ospedale di Gravina, in attesa dell’ospedale della murgia. Nella provincia di Taranto vengono aumentati, anche se di poco, i posti letto per Oncologia e Pneumologia. Per quel che riguarda invece i punti nascita, 10 in tutto. Si chiedono 500 parti l’anno.    
Queste sono solo alcune delle cifre sulle quali riflettere e ragionare. Chi, invece, rinuncia al confronto e abbraccia ‘guerre fratricide’ non fa bene al suo paese.
Il gigante buono che accoglieva tutti sotto la sua ala protettrice non esiste più. Oggi la sanità deve far fronte a costi elevatissimi. Più che alla quantità si deve mirare alla qualità.
Dobbiamo puntare all’eccellenza, dobbiamo puntare a strutture tecnologicamente avanzate.
Se il destino, crudele, ci ‘manda’ una malattia grave, siamo disposti a varcare i confini e l’oceano per trovare le cure adeguate, giustamente.
Allo stesso modo se per curarci al meglio dobbiamo percorrere 30 chilometri di strada, per raggiungere una struttura ospedaliera d’eccellenza, la cosa non deve spaventarci, anzi deve garantirci.
L’ospedale sotto casa appartiene alla storia del passato. Oggi le esigenze di cura sono differenti e le necessità organizzative sono del tutto cambiate.
Non ostiniamoci a vivere nel passato, viviamo il presente e cerchiamo di costruire un futuro sicuro per i nostri figli. Lasciar gravare sulle loro spalle debiti e deficit, non ci farà sentire sereni.
Evitiamo le guerre di campanile, percorrendo la via della solidarietà e della cooperazione.
La sanità deve essere garantita a tutti e non importa a quale indirizzo abita.