PAESE VIVRAI – Grassi: nel segno di Aldo Moro. L’orgoglio della pugliesità – 26 novembre 2012

PAESE VIVRAI – Grassi: nel segno di Aldo Moro. L’orgoglio della pugliesità – 26 novembre 2012

 

Nel segno di Aldo Moro
L’orgoglio della pugliesità
 
di Gero Grassi – Deputato Pd
 
Ho conosciuto Peppino Giacovazzo quando ancora non andavo a scuola. Lui seguiva Aldo Moro nei giri elettorali pugliesi, io in compagnia di mio padre partecipavo, nonostante la giovanissima eta’, ai comizi dell’uomo con il ciuffo bianco in testa che si tenevano a Terlizzi.
Erano comizi affollatissimi nelle piazze di Puglia e Peppino seguiva Moro come amico e come giornalista. Fu colpito da questo bambino di cinque anni che a Terlizzi ascoltava Moro alle undici di sera. Mi regalo’ una paterna carezza sulla testa. Anni dopo, quando gliel’ho ricordato, mi disse di averne parlato con Moro che conosceva bene mio padre. Aggiunse che secondo Moro anziani e bambini erano le persone a lui piu’ fedeli. Non aveva torto.
Ho rivisto Giacovazzo quando all’inizio degli anni ottanta, lavorando alla Regione Puglia, ero in ufficio con Michela, sua sorella. Da quell’ufficio passavano il padre, la madre, l’altra sorella Maria. Pochi mesi prima era scomparso Angelo, suo fratello. Poi muore Michela. I Giacovazzo una famiglia con Locorotondo nel cuore.
Dopo gli anni della televisione, della politica, del potere da Sottosegretario, quando Peppino e’ ormai un anziano giornalista, iniziamo una lunga frequentazione girando la Puglia in lungo e largo. A soli scopi culturali e gastronomici. La tavola per Peppino, era i tempi supplementari della conferenza, luogo in cui qualche fallo si poteva anche commettere.
Erano gli anni del Partito Popolare prima, quelli della Margherita poi. Ho l’intuizione di fargli girare le nostre povere sezioni per parlare della nostra Puglia sitibonda ed assolata, di Moro e dei problemi del mondo.
Lo vado a prendere al trullo di Locorotondo e poi insieme in viaggio fino al ritorno. Sono serate bellissime nelle quali parla di tutto e si racconta. Sottovoce come piace a lui, arrabbiandosi solo quando parla del delitto di abbandono, come lui, ricordando Carlo Bo, chiama il delitto Moro e quando lo provoco insultandolo ‘sporco capitalista iuventino’, io sfegatato milanista.
In quelle sezioni fa scattare l’orgoglio della pugliesita’ e da’ senso ai tanti nostri sacrifici, protagonisti oscuri di una politica di periferia che tenta sempre di tenere l’uomo al centro.
Lo invito a scrivere sul ‘Popolo’ e mi accontenta. Gratuitamente. Lo induco a scrivere ‘Storia di noi dispersa’, concepito nei viaggi in auto tra la Murgia barese e la sua Valle d’Itria. Un libro bellissimo nel quale si mischia l’amore per la Puglia al grande affetto verso lo statista Moro. Un libro nel quale si respira l’aria di Locorotondo con quella profumata del nostro azzurro mare.
Agli inizi del duemila la volontà di Linuccio Giotta di produrre un giornale diretto da Peppino, mi consente di diventare suo direttore. Io, giornalista di provincia, divento il direttore di Peppino Giacovazzo. Una notizia. Il giornale brillantemente lo fa Peppino, io ‘curo’ la firma. Nasce così ‘Paese vivrai’, ottimo giornale di Locorotondo cui la Cooperativa Culturale di Terlizzi fornisce per circa un decennio i supporti giuridici ed editoriali fino a quando non si rende autonomo.
Per concepire il giornale ci riuniamo, io, Peppino e Linuccio, al ristorante ‘Casa mia’, dove cenando ottimamente con carne ed orecchiette diamo avvio all’impresa. Il tutto sempre condito dai ricordi di Peppino che cita e racconta dei suoi amici Guttuso, Pirandello, Sciascia, dell’incontro con De Gasperi, di Zavoli e delle sue migliaia di interviste.
Nel libro ‘Puglia’ parla di me, di Terlizzi e della Fondazione ‘Gaetano Morgese’, giovane poliziotto deceduto nella tragedia del Pendolino a Piacenza. Scrive e poi racconta nella sala consiliare di Terlizzi che a proposito di Gaetano non dobbiamo parlare della sua morte, ma della sua vita perché la fondazione sorta dopo la sua tragica scomparsa da’ vita.
Il giorno in cui muore la figlia, Peppino mi telefona all’alba e dice, con voce silente, ‘Funere mersit acerbo’. Poi scoppia a piangere.
Quando il centrosinistra, nel 2005, per la prima volta vince alle regionali di Puglia con Nichy Vendola presidente, rispetto alla nomina del Presidente del Corecom sono onorato, insieme con Nichy, di pensare a Peppino. Poi altri ne traggono vantaggi diretti ed indiretti, ma questa e’ altra storia.
Nel 2009 ho l’onore che Peppino ed Agnese Moro presentano a Casa Italia, a Zurigo, il mio libro ‘Il Ministro e la brigatista’, romanzo storico sul terrorismo rosso e sull’omicidio di Aldo Moro, che Peppino dice esser stato omicidio di Stato.
Ora Peppino ci ha lasciati. In silenzio, sottovoce. Come piace a lui. Ho avuto la fortuna di salutarlo l’ultima volta quando era già ricoverato a Monopoli.
Abbiamo parlato del Trullo, della Gazzetta del Mezzogiorno e di Aldo Moro, i suoi grandi amori.
Ti sia lieve la terra, Peppino, come diceva il tuo amico Gianni Brera.
Nell’aria del tuo comune, Locorotondo, d’ora in poi, alle orecchia di chi ha udito arriveranno le tue dolci e piacevoli parole, quasi come una melodia romantica.
In quella bellissima Valle D’Itria si sentira’ sempre la tua voglia di vita ed il tuo messaggio di pace e giustizia.
Peppino Giacovazzo e’ morto….non per tutti.
Articolo pubblicato su Paese Vivrai numero 137 Novembre 2012