L’on. Gero Grassi il 14 maggio alla Camera dei Deputati interviene per ricordare Aldo Moro

L’on. Gero Grassi il 14 maggio alla Camera dei Deputati interviene per ricordare Aldo Moro

TESTO DELL’INTERVENTO DELL’ON.GERO GRASSI

VICEPRESIDENTE GRUPPO PD CAMERA DEPUTATI
DATA 14 MAGGIO 2013
INTERVENTO DI COMMEMORAZIONE DI ALDO MORO
A NOME DEL GRUPPO PD
 

GERO GRASSI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GERO GRASSI. Signor Presidente, colleghi
deputati, l’ordine dei lavori della
Camera quest’anno ci porta a ricordare
Aldo Moro alcuni giorni dopo il 9 maggio…

TESTO DELL’INTERVENTO DELL’ON.GERO GRASSI

VICEPRESIDENTE GRUPPO PD CAMERA DEPUTATI
DATA 14 MAGGIO 2013
INTERVENTO DI COMMEMORAZIONE DI ALDO MORO
A NOME DEL GRUPPO PD
 

GERO GRASSI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GERO GRASSI. Signor Presidente, colleghi
deputati, l’ordine dei lavori della
Camera quest’anno ci porta a ricordare
Aldo Moro alcuni giorni dopo il 9 maggio.
Credo che commemorare Moro non sia,
non possa e non debba essere un esercizio
di retorica. Il 9 maggio 1978 con Moro fu
ucciso dalla mafia anche Peppino Impastato
e io credo che vada ricordato anche
lui come vittima della mafia (Generali
applausi).
Il Parlamento, alcuni anni fa, ha voluto
approvare una legge che istituisce il giorno
della memoria delle vittime del terrorismo,
il 9 maggio. Noi quel giorno dobbiamo
ricordarlo e ricordare Moro significa ricordare
che Moro, nel 1942, ha parlato
della sacralità della persona, ha scritto che
ogni persona è un universo e che durante
i lavori della Costituente è riuscito a
convincere quest’Aula, che discuteva della
concessione dei diritti alla persona, a trasformare
la concessione nel riconoscimento
dei diritti della persona, di fatto
riconoscendo alla persona in quanto tale –
e non al cittadino, che viene dopo – una
serie di diritti inalienabili.
Io credo che noi abbiamo anche il
dovere di ripercorrere quella frase detta
da un autorevole Presidente della Camera,
l’onorevole Pietro Ingrao, quando, a distanza
di trent’anni dal 9 maggio 1978,
riconobbe pubblicamente che lo Stato
aveva fatto poco per salvare Moro. Lui lo
ha riconosciuto, altri sono morti prima di
poterlo riconoscere. Io credo che lo Stato
abbia fatto poco per salvare Moro e Carlo
Bo aveva ragione: aveva parlato del caso
Moro come delitto di abbandono.
Qualcuno dice: Moro nelle lettere dal
carcere cerca di salvarsi. Io faccio notare
che Moro non cercava solo di salvarsi,
indicava a noi una strada, la stessa che
aveva disegnato ai tempi della Costituente,
la strada che dice che la persona viene
prima dello Stato. Vorrei ricordare, a me
innanzitutto, che questo Stato, questo nostro
Stato, ha salvato e ha trattato sul caso
del giudice Sossi, la Germania ha trattato
sul caso Lorenz, l’Italia ha trattato sul
caso Dozier, ha trattato sul caso Cirillo –
absit iniura verbis – e ha trattato anche
per molti, non tutti, nostri cittadini rapiti
nel Medio Oriente. Io credo che il nostro
Stato abbia fatto bene a trattare, perché
quando uno Stato non è in grado di
salvare una vita umana quello Stato è
finito. Moro non cercava di salvare se
stesso, diceva a noi che lo Stato viene dopo
il singolo, la singola persona. Io concludo
dicendo: nelle lettere di Moro c’è un
messaggio attualissimo. Non lo commento,
lo recito, sono quattro parole: questo
Paese non si salverà, la stagione dei diritti
e delle libertà si rivelerà effimera se non
sorgerà un nuovo senso del dovere (Applausi).
Atti Parlamentari — 105 — Camera dei Deputati
XVII LEGISLATURA DISCUSSIONI SEDUTA DEL 14 MAGGIO 2013 — N. 15