LA NUOVA CITTA’ – Intervista al consigliere comunale Michele Grassi

LA NUOVA CITTA’ – Intervista al consigliere comunale Michele Grassi

Indisponibile a prestare il fianco a uno schema di potere nebbioso
Intervista al consigliere comunale Michele Grassi
a cura di Marco Cagnetta
 
Michele Grassi ha 51 anni. Svolge l’attività di dirigente di una società di ricerca e formazione che opera in Puglia. È stato eletto, per la prima volta, consigliere comunale nelle scorse amministrative del 2008, con 450 voti nel Partito Democratico. Oggi ne è anche dirigente provinciale. “Figlio, fratello, nipote d’arte “. Suo padre, consigliere comunale-assessore dal 1961 al 1967; suo zio, prof. Giuseppe Colasanto, termina la carriera politica quale presidente della Regione Puglia nel 1990; suo fratello, sindaco di Terlizzi dal 1990 al 1991 e deputato della Repubblica dal 2006 a oggi.
Lei è cresciuto discutendo a tavola di politica. Per questo non Le possono mancare gli elementi per collegare i momenti storici della nostra comunità. Perché Tediai stenta & svilupparsi, come tutti ci auguriamo?
Ho avuto la fortuna e il privilegio di crescere masticando buona politica; quella politica intesa come amministrazione della polis, per il bene di tuffi e come servizio alla comunità. Quando si hanno questi cardini e modelli da seguire, il fine ultimo della politica non può che essere il benessere collettivo, fondato sulla solidarietà, sullo sviluppo economico e sulla coesione sociale. Trovo, quindi, che le alterne vicende del percorso di sviluppo che hanno caratterizzato la storia del nostro paese siano strettamente connesse ad una crescente frammentazione sociale, che la politica non riesce purtroppo a sanare.
Quali rapporti ha con il sindaco, Vincenzo di Tria e con il presidente del Consiglio, Aldo Sigrisi?
I rapporti con l’uomo di Tria sarebbero cordiali, mentre quelli di natura politica stentano a decollare, a causa di nette differenze nel concepire l’amministrazione della cosa pubblica. La mia candidatura e la successiva elezione, con grande consenso d’opinione, sono il frutto di una volontà espressa dagli elettori di migliorare il modo di amministrare la res publica. All’indomani dell’elezione di di Tria, pur con un risultato scarsamente soddisfacente, che avrebbe dovuto far riflettere l’intera coalizione di centrosinistra, si sono addirittura struttura- ti “vecchi e pericolosi” modi di amministrare la città. Infatti, io e il collega consigliere Ceci siamo stati costretti a dichiarare da subito l’indisponibilità a prestare il fianco a tale schema di “potere nebbioso”. Da allora abbiamo cominciato un percorso scomodo, ma costruttivo, segnalando e denunciando le incongruità politiche, amministrative e istituzionali. Ad oggi, purtroppo i fatti non ci hanno ancora smentito.
Ritengo Aldo Sigrisi una persona intelligente, il cui percorso politico e istituzionale è stato caratterizzato da una progressiva crescita. Per questo mi stupisce tanto che egli, quale presidente del Consiglio, e la squadra di governo siano il frutto di una semplice spartizione (a tavolino) del potere. Ritengo di poter dire, proprio facendo ricorso alla sua intelligenza, che le cose possano addirittura cambiare.
Da uno a dieci come valuta l’operato di quest’Amministrazione?
Nella scala da 1 a 10 non c’è il valore per sintetizzare ed esprimere l’operato dell’Amministrazione. Mi spiego meglio: gli studenti che per troppo tempo sono stati assenti dai banchi di scuola o, peggio ancora, hanno dimostrato impreparazione vengono considerati N.C., non classificati. Tornando alla Politica, quella con la P maiuscola, sarebbe il caso che ci si avvii con determinazione ad affrontare, da subito, le problematiche per sviluppare la crescita economica ed occupazionale della città, producendo in tal modo anche una crescita sociale.
Voterebbe pro o contro una mozione di sfiducia al Sindaco?
Seppur masticando amaro e rivendicando la mia appartenenza al centrosinistra, voterei la mozione di sfiducia soltanto ed esclusivamente in presenza di un progetto politico coerente (di centrosinistra) e lungi- mirante, che dia per il futuro un quadro migliorativo a beneficio della città. Però constato che tra i banchi dell’opposizione, al momento non c’è né unità e nè progettualità.
La diriqenza del Pd garantisce la partecipazione democratica, visto che Lei non ha partecipato agli ultimi lavori congressuali?
Credo che a Terlizzi si sia creata un po’ di confusione semantica sul significato della sigla Pd. Nella nostra città, Pd potrebbe essere l’acronimo di Partito dirigista o, peggio ancora, di Partito dittatoriale. Nulla a che vedere con il percorso difficile ed innovativo che il Partito Democratico ha in teso realizzare, riattivando la politica della trasparenza e del “rimbocchiamoci le maniche” di Bersani, costruita sulla partecipazione e sullo sviluppo economico, forte dei tanti ideali e valori, propri delle culture del passato. Sento di appartenere intimamente a questo Partito.
Dicono che c’è una “cupola” decisionale che attraversa il Pd e l’Amministrazione comunale: Lei cosa ne pensa?
In tutti gli ambienti c’è sempre un gruppo dirigente; anche a Terlizzi ce né uno. Il problema non è questo, però. Il problema vero è che Terlizzi non ha un gruppo dirigente che si assume la responsabilità. Essendo una cittadina che da anni non migliora, forse il gruppo dirigente avrebbe dovuto prenderne coscienza…
Ci risulta che suo fratello, l’on. Gero Grassi, patisca il clima politico, non proprio idilliaco, che si respira negli ambienti della maggioranza di governo locale: è mai intervenuto, non intendo a suo favore, nel sedare le effervescenze politiche?
Come qualsiasi persona che non trascorre molto tempo a Terlizzi, in quanto impegnato in funzioni ed incarichi istituzionali e politico-partitici di carattere nazionale, ma amando la sua città a dismisura, mio fratello vive purtroppo con disagio e dispiacere, ma anche con molta attenzione, gli accadimenti terlizzesi. Farò una confessione, pur n’’n essendo questa la sede più opportuna. Ho vissuto un periodo particolarmente complesso nel quale le nostre differenti visioni sul governo della città ci hanno addirittura costretti a non vivere serenamente il rapporto di fratellanza. Gli riconosco però la capacità di rileggere i suoi primi giudizi, vissuti innanzitutto da uomo di partito, anzi, da dirigente di partito. Poi, a fargli cambiare un po’ idea sono state le innumerevoli fonti cittadine che, nel costante rapporto anche telefonico, mostravano sempre dissapori, dispiaceri per la conduzione della città e per le disperate condizioni di scarso sviluppo economico ed occupazionale. Una cosa è certa, credo che lui come me viva con difficoltà gli atteggiamenti e le logiche dei locali “furbetti del quartierino”. Il Pd nazionale, per quanto complesso, mostra anche moltissime positività che a Terlizzi purtroppo poco si vedono, per la scarsa lungimiranza della dirigenza locale, tutta tesa ad inseguire il berlusconismo di palazzo e di partito e finalizzando la sua azione soprattutto alla sopravvivenza personale. A Terlizzi mi chiedo: quale è la necessità di dover continuare ad affidare ricchi incarichi legali, mantenendo lunghi e costosi contenziosi che sottraggono risorse finanziarie al paese; dove è la cultura del “buon padre di famiglia” (vedasi le lampade votive, la mensa scolastica, l’ici su aree edificabili, le nuove  destinazioni d’uso dei suoli del Laterificio Scianatico, il sistema di raccolta dei rifiuti, ecc.)?
Apparteniamo alla stessa comunità e quanti oggi siedono in Consiglio e governano, un giorno dovranno recuperare il contatto con la realtà, osservandola di nuovo dal basso.
Ritiene conclusa, con questa legislatura, la Sua esperienza politica diretta?
Visto il clima, spero di giungere “indenne” a fine mandato. Credo di poterle dire, senza alcuna presunzione, che il mandato di consigliere comunale maturerebbe certamente un risultato molto positivo. Dispiace, e me ne dolgo, che la città non cresce, non migliora, non matura, ma le “colpe” restano tutte della classe dirigente, che non studia, non elabora, non costruisce progettualità, non crea sinergie e non realizza positività.
Lei farebbe il sindaco di questa città?
Chiunque abbia a cuore le sorti del suo paese può essere sindaco. In un gioco di squadra non conta chi finalizza l’azione, ma il clima dello spogliatoio. La cultura di destra e quella di centrosinistra è anche caratterizzata da questa discriminante, ben sapendo che la cultura che mi vede anche protagonista non esprime i toni violenti, aspri e rissosi che, da troppo tempo, echeggiano nel Palazzo di città.
Ci consenta questa malizia. Le faccio dei nomi e mi dica cosa ne pensa: il sindacalista Alfio Giuga, il “gran maestro” Peppino De Chirico, l’inossidabile segretario del Pd Mario De Leo e la “Giovanna d’Arco” locale Santina Mastropasqua.
Tento sempre di avere rapporti sereni con tuffi; a livello personale. In politica mi pia-• ce discutere, confrontarmi e poi fare sintesi. Non condivido mai chi impone il “pensiero comune”, come se fossimo in una caserma; non condivido Berlusconi in quanto padrone, figuriamoci chi padrone non è. Le rispondo immediatamente: Giuga sembra che ami essere geloso e invidioso (non so ancora di cosa e di chi) e non comprende che il mondo è cambiato e cambia ogni giorno, soprattutto perché il muro di Berlino è caduto. Il “gran maestro” Peppino De Chirico è un politico intelligente e lungimirante, anche equilibrato alla luce dei tanti anni in politica. Invece, il caro Segretario Mario De Leo dovrebbe essere meno attendente e più coordinatore di partito, ma ce la può fare, se vuole, altrimenti avrà i giorni contati (soltanto perché verrebbe superato dagli eventi). Santina Mastropasqua è la vera catto-comunista terlizzese, come Rosy Bindi è figlia del Partito comunista.
Spero di essere stato sereno nei loro confronti e che non me ne vogliano, perché mostro sempre tanto affetto nei giudizi verso i politici.