LA NUOVA CITTA’ – I terlizzesi antifascisti per la libertà

LA NUOVA CITTA’ – I terlizzesi antifascisti per la libertà

I terlizzesi antifascisti per la libertà
Il libro di Gero Grassi e Renato Brucoli presentato presso la Pinacoteca
di Nico Marinelli
 
“Senza di loro noi tutti saremmo più poveri. Terlizzi sarebbe meno bella. Loro sono tasselli preziosi del nostro futuro. Bisogna essere grati a Renato Brucoli e Gero Grassi di questo bel lavoro: soprattutto di essersi accorti che il mosaico della nostra storia aveva qualche buco e qualche spazio bianco. Conoscendo meglio come eravamo, possiamo intendere meglio come siamo e ciò che desideriamo essere” (dalla prefazione di Nichi Vendola).
Uomini d’altri tempi. Uomini bruciati, innamorati persi di un’utopia, uomini alteri ma poveri, speranzosi ma sofferenti, umili e grandiosi. Questa è la storia degli antifascisti terlizzesi confinati a Ventotene, tra il 1930 e il 1943. Una vicenda passata sotto traccia perché dimenticare è facile e non pensare troppo conviene. Frammenti di vite che riemergono da profondità nebulose: le foto segnaletiche conservate in archivio, le firme sui verbali, gli oggetti personali custoditi nel casellario giudiziario, gli scritti autografi.
Sono oltre 1 57mila i fascicoli dei perseguitati e sorvegliati dal governo fascista, una schedatura che prendeva il nome di Casellario politico centrale, conservata oggi nell’Archivio Centrale dello Stato a Roma. Uno degli strumenti principali di cui il regime si serviva per reprimere il dissenso era il confino. Erano 1 2mila i confinati italiani, fra questi 838 i nati e residenti in Puglia e 19 i terlizzesi.
Famiglie che perdono la loro unica fonte di reddito e uomini che vanno a patire la fame e l’isolamento in località sperdute (Pantelleria, Ustica, Ventotene, Isole Tremiti). A far parte di questa pattuglia ci sono anche i terlizzesi Gaetano Vallarelli, Michele Dello Russo, Giovanni Gesmundo, Antonio Leovino e Michele De Palo.
Tutto comincia nel 1926: vengono introdotte nuove leggi di pubblica sicurezza, viene istituito il Tribunale speciale e l’Ovra, la polizia segreta del regime. Basta un semplice sospetto o una denuncia anonima per essere tratti in arresto: c’è chi ha denigrato pubblicamente il regime e chi è
accusato di frequentare i comunisti. Quindi l’indiziato viene fermato e il prefetto sulla base delle indagini di polizia e carabinieri trasmette ai ministero dell’interno la documentazione relativa; contestualmente chiede il nulla osta per convocare la commissione provinciale, una commissione presieduta dal prefetto e composta dal questore, dal comandante provinciale dei carabinieri, dal procuratore del re e da un comandante della milizia, I tempi sono serrati, le procedure efficienti: la commissione decide il confino da uno a cinque anni, il ricorso del condannato è spesso solo una formalità.
I cinque terlizzesi vengono mandati nell’isola laziale di Ventotene: lunga meno di due chilometri accoglie in una medesima cattività 800 confinati, 350 sorveglianti e un migliaio di isolani. I confinati svolgono lavoretti artigianali e piccole riparazioni e la loro sussistenza è legata al piccolo sussidio erogato dallo Stato (da SalO lire), che viene speso nelle mense comunitarie e negli spacci alimentari. Due pasti frugali al giorno, 56 grammi di pasta e 150 grammi di pane di razione giornaliera: c’è chi dimagrisce anche di 40 chili. Si cucinano calamari, legumi ed erbe amare raccolte nei campi, la carne è un lusso, solo in primavera si riesce a mangiare qualche volatile, perché l’isola è rifugio per gli uccelli migratori. Di frequente bisogna persino bollire l’acqua salata perché manca quella potabile.
È qui che trascorrono le loro giornate Gaetano Vallarelli, Michele Dello Russo, Giovanni Gesmundo, Antonio Leovino e Michele De Palo.
Vallarelli è stato il fondatore del Pci a Terlizzi, ha riorganizzato il nascente partito negli anni ‘30, dando spazio ai giovani e pilotando l’ascesa del giovane Michele Dello Russo a capo del movimento. Attivissimo nelle lotte sindacali contadine, nei primi anni del fascismo incontra a Terlizzi insieme a Michele Dello Russo il sindacalista Giuseppe Di Vittorio. Nelle elezioni comunali del dopoguerra il partito comunista decide di non puntare più su Vallarelli, nel 1946 non lo fa entrare in lista e negli anni successivi gli riserva una collocazione sempre più marginale nell’organigramma del partito. Amareggiato ma non rassegnato continuerà a militare attivamente fino alla vecchiaia.
Giovanni Gesmundo è un meccanico dalle precoci convinzioni antifasciste. La vicenda che porta al suo arresto è curiosa: all’uscita di un bar, il 14 marzo del 1936, visibilmente brillo, nel togliere dalla tasca il denaro per pagare la consumazione dice a voce alta: “Stasera di sabato un operaio come me non ha denari. Viva l’Inghilterra, Abbasso l’Italia”. La delazione di una camicia nera fa sì che il maresciallo dei carabinieri lo porti in caserma e lo sottoponga ad interrogatorio. Gesmundo nega ogni addebito e smentisce di aver pronunciato quella frase. Ma, una volta perquisito, viene trovato in possesso di una medaglietta con l’effige di Matteotti: tanto basta a screditare la sua versione e a procurargli l’arresto per vilipendio alla nazione italiana. Mandato al confino, inizia ad mostrare una leggera forma di paranoia. Per questo ritornerà dopo poco a Terlizzi, ma ritrova i suoi familiari indisponibili ad accoglierlo, per via delle restrizioni che il regime comminava ai parenti dei confinati.
Antonio Leovino, amico di Gaetano Vallarelli, è un contadino comunista che fa propaganda tra i braccianti terlizzesi: per questo alterna periodi di detenzione e di confino.
Michele Dello Russo, di buona famiglia, negli anni Trenta viene designato da Vallarelli capo del movimento comunista terlizzese e tiene contatti con cellule di Ruvo, Corato ed Andria. Nel 1935 si reca a Parigi dove incontra i vertici del partito e prende  coptatto con i maggiori antifascisti italiani. Tornato a Terlizzi nel dicembre del ‘35 viene arrestato perché trovato in possesso di opuscoli e riviste antifasciste. Arriva a Ventotene nel 1936 e vi trova Umberto Terracini, Ernesto Rossi, Sandro Pertini e Altiero Spin1li. Sarà confinato anche alle Isole Tremiti, d Ariano Irpino a Pisticci e Colfiorito: un esilio durato 8 anni. Tornato a Terlizzi nell’autunno del 1943 sarà nominato sindaco di Terlizzi dal CLN nel luglio del 1945. Dello Russo si trova a gestire un Comune dove la popolazione è affamata e disperata e gli ex fascisti hanno ancora molto potere sia nell’amministrazione cittadina che nella distribuzione dei beni alimentari. Le elezioni della primavera del 1946 vedono trionfare la Dc e Dello Russo ottiene appena 6 preferenze. Sarà consigliere comunale nel ‘52 con i comunisti, ma ben presto subirà l’emarginazione del bartito che gli preferirà elementi più pugnaci. Nel ‘56 viene eletto consigliere comunale tra le file’dei socialisti. Per que sto i suoi ex compagni lo accusano di tradimento ed egli torna ben presto al suo lavoro di orologiaio. Cade in miseria e decide di trasferirsi a Bari per ricominciare da zero: vi morirà nel 1967.
Michele De Palo, è un bracciante agricolo: assieme a Vallarelli e Leovino anima il movimento comunista terlizzese negli anni ‘30. A giugno del 1936 arriva a Ventotene. La moglie Angela e i tre figli dopo un mese sono già sul lastrico. Qualche misero sussidio statale e i lavoretti di Angela riescono a garantire ai suoi figli una faticosa sussistenza. Michele fa di tutto per avere uno sconto di pena, ma riuscirà ad ottenere solo un trasferimento a Montalbano Jonico, dove sarà presto raggiunto dalla famiglia che, tra mille difficoltà, riuscirà a sfamare con il lavoro nei campi.