La Gazzetta del Mezzogiorno del 7/12/2009

La Gazzetta del Mezzogiorno del 7/12/2009

Ma non esistono due Italie
di Gero Grassi – Vicepresidente Commissione Affari Sociali della Camera
 
 La “Questione meridionale” da decenni viene affrontata senza giungere a soluzione.
Molto dipende dai problemi storici insiti in una terra che ha ereditato dall’Unità d’Italia solo fame e miseria, ma tanto dipende dalla residualità a cui è stata relegata da molti Governi che si sono avvicendati, perché geograficamente scomoda.
Oggi si scopre il Mediterraneo e la posizione a sud dell’Italia sembra non essere più un limite, anzi un vantaggio da “sfruttare”. Un passo in avanti quindi, ma ne serviranno ancora molti per percorrere la strada che c’è da fare.
 E’stato presentato il rapporto Svimez (Associazione per lo sviluppo dell’industria nel mezzogiorno). I dati sono stati confermati da una ricerca di Confindustria sull’economia del Mezzogiorno. In sintesi si afferma che a 150 anni dall’Unità d’Italia, il sud non ha ancora superato il gap, anzi il divario tra le regioni a nord della capitale e quelle a sud, per certi versi si è aggravato.          Si ha percezione del problema, si tenta una risoluzione, ma ciò che salta agli occhi è la confusione che governa il tutto. C’è chi propone gabbie salariali, chi si inventa il partito del Sud, chi propone ed impone il federalismo, che garantisce con la banca del Sud….
 


Ma non esistono due Italie
di Gero Grassi – Vicepresidente Commissione Affari Sociali della Camera
 
 La “Questione meridionale” da decenni viene affrontata senza giungere a soluzione.
Molto dipende dai problemi storici insiti in una terra che ha ereditato dall’Unità d’Italia solo fame e miseria, ma tanto dipende dalla residualità a cui è stata relegata da molti Governi che si sono avvicendati, perché geograficamente scomoda.
Oggi si scopre il Mediterraneo e la posizione a sud dell’Italia sembra non essere più un limite, anzi un vantaggio da “sfruttare”. Un passo in avanti quindi, ma ne serviranno ancora molti per percorrere la strada che c’è da fare.
 E’stato presentato il rapporto Svimez (Associazione per lo sviluppo dell’industria nel mezzogiorno). I dati sono stati confermati da una ricerca di Confindustria sull’economia del Mezzogiorno. In sintesi si afferma che a 150 anni dall’Unità d’Italia, il sud non ha ancora superato il gap, anzi il divario tra le regioni a nord della capitale e quelle a sud, per certi versi si è aggravato.          Si ha percezione del problema, si tenta una risoluzione, ma ciò che salta agli occhi è la confusione che governa il tutto. C’è chi propone gabbie salariali, chi si inventa il partito del Sud, chi propone ed impone il federalismo, che garantisce con la banca del Sud.
 Dal rapporto Svimez sull’economia del “mezzogiorno” emerge un’Italia spaccata in due. La crisi ha sfiorato il nord ed investito in pieno il sud. Negli ultimi dieci anni le persone che hanno abbandonato il sud sono circa 700.000. La popolazione giovane ed economicamente produttiva lascia il sud per trasferirsi nel centro-nord. Motivo per cui l’impoverimento di certe regioni è in progressiva crescita, come lo è l’arricchimento di altre, generato da manodopera e professionalità che il sud ha formato ed esportato.
 Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, in un messaggio inviato al convegno “Povertà e nuovi bisogni”, promosso di recente a Napoli, ha sottolineato che c’è nel Paese una situazione preoccupante, proveniente dalla crisi. “Il recente rapporto Istat dedicato a tale tema – ha affermato – ha evidenziato come, anche per effetto della crisi economica, si stiano estendendo in maniera preoccupante le fasce di disagio e le aree di bisogno anche rispetto a beni considerati primari o di sussistenza. Nel mezzogiorno, e nelle sue grandi aree urbane in particolare, tali fenomeni risultano essere maggiormente diffusi e acuti, e occorrono quindi, a tutti i livelli consistenti e incisive scelte politiche di assistenza, sostegno al reddito e inserimento nel mercato del lavoro”.
 La politica ha responsabilità grandissime, non può esimersi dal prendere decisioni che devono abbracciare le esigenze di tutti e proprio per questo devono essere condivise e non certo di parte.
 Troppo spesso accade che si descriva il sud come un “male” incurabile. Mi rifiuto di allinearmi a certi giudizi, da orgoglioso cittadino pugliese. I miei nonni sono “saliti” in Trentino ed in Friuli per combattere il “nemico austriaco”, per completare il Risorgimento e riconsegnare all’Italia quelle terre ancora sotto denominazione straniera. Per andare in guerra i nostri nonni lasciarono famiglia e lavoro senza esser sostituiti, se non da mogli coraggiose ed audaci. Al nord le industrie ebbero facilitazioni immense. I militari si alternavano. Bisognava produrre, non interrompere il ciclo lavorativo. E così in molti continuarono a far soldi.
 La gente del sud è gente umile, onesta, pulita. Gente che ha fatto sacrifici enormi per consentire a figli e nipoti di studiare, di progredire. Il sud è terra piena di tensione ideale, piena di valori culturali. Il problema è che spesso si dà un giudizio negativo, solo perché c’è un gruppo di persone dedito al “malaffare”. Questa gente va combattuta ovunque, al nord come al sud, ma non può pregiudicare la vita di tutti gli altri.
 Luigi Einaudi, certamente non meridionale, scriveva: “Dicendo che il settentrione è più civile del sud, noi vogliamo dire soltanto che per una serie di circostanze storiche (governi migliori, vicinanza alle nazioni economicamente più progredite, posizione geografica più atta a rapidi e proficui scambi) noi ci siamo trovati in una posizione nella quale la ricchezza ha potuto svolgersi più facilmente.”     
 L’Italia è unica nel bene e nel male. Abbiamo una diversificazione di problemi e realtà. Nessuno pensi di risolvere i propri, tralasciando gli altri. E’ nella globalità che vanno affrontati e risolti i problemi dell’Italia.