LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO – “Al mare sotto le cabine”

LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO – “Al mare sotto le cabine”

 

A Montecatini arrivavamo con la Citroen Ami 6. Celeste chiaro, seconda serie con il vetro posteriore curvato che attirava l’attenzione di molti. Avevamo bagagli e bagagli. Dentro e nel cofano.
I viaggi degli anni ‘60, per chi li faceva, non erano comodi. L’aria condizionata era un miraggio e si vedeva solo nei films di James Bond. L’ABS non esisteva, ma la benzina costava poco.
Le vacanze iniziavano molti giorni prima della partenza con la preparazione di borse, valige, pacchi e plaid. Il plaid, coperta pelosa con disegni a quadri, era un ingrediente essenziale del viaggio. Ovviamente era inutile d’estate, serviva però a stendersi sui prati e ad avvolgere i bambini.
Partivamo due o tre ore prima dell’alba.
L’autostrada era in nuce e bisognava affrontare la salita di Ariano Irpino che spaventava i bambini, soprattutto quando l’auto non era delle più solide. Si partiva all’alba. Ufficialmente per evitare il caldo, forse anche perchè quella partenza notturna dava all’avvenimento un’aureola di sacralità.
Sulle strade i carri, che andavano in campagna, portavano appisolati agricoltori… 

 

A Montecatini arrivavamo con la Citroen Ami 6. Celeste chiaro, seconda serie con il vetro posteriore curvato che attirava l’attenzione di molti. Avevamo bagagli e bagagli. Dentro e nel cofano.
I viaggi degli anni ‘60, per chi li faceva, non erano comodi. L’aria condizionata era un miraggio e si vedeva solo nei films di James Bond. L’ABS non esisteva, ma la benzina costava poco.
Le vacanze iniziavano molti giorni prima della partenza con la preparazione di borse, valige, pacchi e plaid. Il plaid, coperta pelosa con disegni a quadri, era un ingrediente essenziale del viaggio. Ovviamente era inutile d’estate, serviva però a stendersi sui prati e ad avvolgere i bambini.
Partivamo due o tre ore prima dell’alba.
L’autostrada era in nuce e bisognava affrontare la salita di Ariano Irpino che spaventava i bambini, soprattutto quando l’auto non era delle più solide. Si partiva all’alba. Ufficialmente per evitare il caldo, forse anche perchè quella partenza notturna dava all’avvenimento un’aureola di sacralità.
Sulle strade i carri, che andavano in campagna, portavano appisolati agricoltori. Le millecento ‘sfrecciavano’ rumorose a non più di cento all’ora. Per raggiungere Montecatini Terme, considerate le strade e la ridotta velocità dell’auto, bisognava impiegare oltre sedici ore. Vedendo oggi le foto di quei primi anni ‘60 penso agli albanesi e al dramma che affrontano per venire in Puglia.
Montecatini era, allora, una meta prestigiosa. Le vacanze le facevano in pochi. L’estero era sconosciuto.
Nei dintorni si potevano visitare Firenze, Pisa, Viareggio con il mare sabbioso che rappresentava per tutti i bambini il massimo della felicità. Poi c’erano le notti della Versilia che iniziavano a rappresentare un’Italia diversa con le prime minigonne e le prime balere. L’Italia del boom economico. Per noi bambini le notti erano una grande dormita.
Bella era la sera perché voleva dire avere il gelato. Il giorno, invece, era vissuto in un’area limitata. La pensione, le terme, il mare quando si andava.
La cosa che più affascinava noi bambini, al mare, erano le cabine. Dalle nostre parti erano una chimera. In Toscana erano belle e colorate. Il legno profumava di sale e le varie assi che le componevano facevano filtrare raggi di sole caldissimo.
Noi bambini nelle cabine stavamo pochissimo. Giusto il tempo di cambiarci. Preferivamo stare dietro, sotto e dinanzi.
Dinanzi giocavamo con le palline colorate sfidando il sole accecante degli orari impossibili. Perché, quando si andava al mare bisognava ‘sfruttarlo’ tutto. E non potendo farlo tutti i giorni, si stava sotto i quaranta gradi delle due del pomeriggio. Le partite con le palline colorate spesso erano disturbate da adulti che, sbadati e irriverenti, devastavano i nostri selciati.
Dietro le cabine si andava nel tardo pomeriggio, quando il sole era sul mare. Era piacevole godere il fresco che l’ombra della cabina creava.
Ma le cabine erano anche ‘sotto’. Con il fascino particolare che emergeva. Gran parte delle mie vacanze al mare le ho trascorse sotto le cabine, come uno speleologo in erba alla ricerca degli oggetti che cadevano tra le fessure delle assi. Erano tesori proibiti: un ciondolo, una moneta. Nessuno si lamentava. Il bagnino era contento perché evitava la fatica di andarci lui. Gli occupanti, dopo i primi attimi di sbigottimento. ormai erano abituati. Le mamme erano rassegnate ad una abbronzatura a strisce. Strisciavamo sotto le cabine come anguille e non c’era differenza tra la cabina di una bella ragazza e quella di un vecchio pancione. Eravamo agili, giovani ed innocenti. Parliamo di tanti anni fa e di molti chili fa.
Altro divertimento al mare era rincorrere gli aerei che lanciavano inserti pubblicitari. Spesso biglietti da mille lire stampati a mò di danaro. L’Euro non esisteva e con mille lire si viveva non più un mese, ma certamente più di un giorno. Per i bambini questo era un richiamo fortissimo. Quasi che fosse danaro vero.
Le vacanze degli anni ‘60 erano spartane a pensarci bene. Erano belle, però, perché erano un sogno. In pochi potevano permettersi questo lusso. Costituivano, per chi riusciva a farle, oggetto di invidia per gli amici rimasti a casa che, quando potevano, andavano al mare di Giovinazzo, allora meno pulito e godibile di quello odierno.
Le vacanze costituivano oggetto di discussione per noi bambini per tutta l’estate. Prima di partire ne parlavamo quasi per anticiparne la gioia, dopo raccontavamo a tutti quello che era stato l’oggetto del nostro divertimento, proibito a molti.
Finite le ferie, iniziava un altro anno scolastico e si aspettavano le altre vacanze per tornare a giocare sotto le cabine.