Intervento dell’on. Gero Grassi alla Camera lunedì 15 ottobre 2012

Intervento dell’on. Gero Grassi alla Camera lunedì 15 ottobre 2012


Discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, recante disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute (A.C. 5440 –A)
 
GERO GRASSI: Signor Presidente, non commenterò i diversi articoli, anche perché è stato fatto brillantemente da chi mi ha preceduto, ma svolgerò delle valutazioni più generali. Do atto al Governo ed al Ministro di aver avuto coraggio, in un momento socialmente ed economicamente delicato, ad occuparsi di salute pubblica. Io – esprimo una valutazione personale – ne avrei avuto di più. Credo che il Ministro ed il Governo avrebbero dovuto avere maggiore coraggio perché, avendo deciso loro di trattare questa materia attraverso la strada del decreto, avrebbero potuto fare più manutenzione ordinaria e più manutenzione straordinaria in una materia che è pesante e ancora vecchia e, con riferimento alla quale, c’è tanto da fare in termini di spending review e anche in termini di raggiungimento della qualità di un servizio che riguarda direttamente la persona.
Faccio una considerazione che a molti sfugge: nel 1946, quando abbiamo approvato l’articolo 3 e l’articolo 32 della Costituzione, l’età media dell’italiano non superava i quarant’anni. A distanza di 66 anni, l’età media dell’italiano sta tra gli 80 e i 90 anni. Nel 1978, il 23 dicembre, quando fu approvata la legge n. 883, l’età media dell’italiano stava tra i 60 e i 70 anni. Che significa tutto questo? Significa che oggi abbiamo bisogno di una sanità più veloce, più snella, meno burocratizzata, più uguale, signor Ministro, più uguale. Infatti forse il limite peggiore della sanità attuale, al quale questo provvedimento offre una risposta – io mi auguro che la risposta arrivi alla fine – è la diversità. In questo provvedimento, come giustamente ha detto l’onorevole Turco, c’è una data collegata ai LEA, ma non so se, con riferimento a questo provvedimento, vi sia la consapevolezza che noi abbiamo 20 LEA diversi in Italia e che se sostituissimo i LEA con il metro, avremmo una sanità che è un metro in alcune regioni mentre non supera i 10 cm in altre regioni…


Discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, recante disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute (A.C. 5440 –A)
 
GERO GRASSI: Signor Presidente, non commenterò i diversi articoli, anche perché è stato fatto brillantemente da chi mi ha preceduto, ma svolgerò delle valutazioni più generali. Do atto al Governo ed al Ministro di aver avuto coraggio, in un momento socialmente ed economicamente delicato, ad occuparsi di salute pubblica. Io – esprimo una valutazione personale – ne avrei avuto di più. Credo che il Ministro ed il Governo avrebbero dovuto avere maggiore coraggio perché, avendo deciso loro di trattare questa materia attraverso la strada del decreto, avrebbero potuto fare più manutenzione ordinaria e più manutenzione straordinaria in una materia che è pesante e ancora vecchia e, con riferimento alla quale, c’è tanto da fare in termini di spending review e anche in termini di raggiungimento della qualità di un servizio che riguarda direttamente la persona.
Faccio una considerazione che a molti sfugge: nel 1946, quando abbiamo approvato l’articolo 3 e l’articolo 32 della Costituzione, l’età media dell’italiano non superava i quarant’anni. A distanza di 66 anni, l’età media dell’italiano sta tra gli 80 e i 90 anni. Nel 1978, il 23 dicembre, quando fu approvata la legge n. 883, l’età media dell’italiano stava tra i 60 e i 70 anni. Che significa tutto questo? Significa che oggi abbiamo bisogno di una sanità più veloce, più snella, meno burocratizzata, più uguale, signor Ministro, più uguale. Infatti forse il limite peggiore della sanità attuale, al quale questo provvedimento offre una risposta – io mi auguro che la risposta arrivi alla fine – è la diversità. In questo provvedimento, come giustamente ha detto l’onorevole Turco, c’è una data collegata ai LEA, ma non so se, con riferimento a questo provvedimento, vi sia la consapevolezza che noi abbiamo 20 LEA diversi in Italia e che se sostituissimo i LEA con il metro, avremmo una sanità che è un metro in alcune regioni mentre non supera i 10 cm in altre regioni. Tutto questo nel provvedimento è in nuce, è in mens dei, manca. Manca la volontà di forzare la mano verso le inefficienze di alcune regioni. Manca la volontà di indurre alcune regioni a non seguire più comportamenti che portano a disfunzioni e portano soprattutto a penalizzare il cittadino utente. Manca anche, secondo me, un’approfondita discussione sul ruolo della Conferenza Stato-regioni in materia sanitaria, luogo nel quale spesso si allargano le differenze, non si avvicinano. Ecco perché io dico: avrei avuto maggiore coraggio. Ma devo dare atto, mentre dico questo, che il Ministro ci ha accompagnati durante l’intero percorso dei lavori in Commissione e speriamo che insieme – io presumo che il Governo metterà la fiducia, non sono un chiaroveggente, ma lo presumo – mi auguro che anche nel porre la fiducia, attraverso un maxiemendamento, il Governo tenga presente che si tratta di una materia nella quale si toccano gli interessi delle persone e spesso le persone, rispetto ad una sanità diversificata, sono disarmate.
Dobbiamo cercare di contemperare queste esigenze e di farlo con tempi brevi, rapidi, ma di farlo, anche, con la certezza del diritto. Prima di concludere vorrei svolgere altre due riflessioni; questo è un percorso legislativo – quello che abbiamo avuto in Commissione con lei, Ministro – frutto di un Governo largo: non è il Governo del Partito Democratico, è un Governo nel quale ci sta anche il Partito Democratico. Personalmente, ritengo che l’industria farmaceutica italiana sia un settore importante e trainante della nostra economia, ma ritengo anche che le trasformazioni che il decreto-legge ha subito in Commissione, trasformazioni che io, da Pag. 29perfetto parlamentarista, rispetto nella loro totalità, siano trasformazioni che non hanno posto al centro il paziente-cittadino; quelle sono trasformazioni dettate da uno sguardo tutto aziendalistico che non ho condiviso e verso il quale esprimo il mio pubblico dissenso in quest’Aula, prendendo atto però della volontà della maggioranza numerica che ha operato quelle trasformazioni all’interno dei lavori della Commissione.
Per concludere, ho ascoltato la passione con la quale il collega D’Anna si è esibito in una serie di valutazioni su questo decreto-legge; sarei terrorizzato se l’intervento del collega D’Anna fosse portato all’esasperazione. Credo che nella nostra Repubblica, nella nostra democrazia, la sanità privata debba essere complementare a quella pubblica ma noi abbiamo il diritto di difendere e di garantire quella pubblica. Temo che vi siano ragioni di pura economia, derivanti anche da un’espressione impropria in sanità che, quanto prima, credo vada abolita: il termine aziendalistico. Il termine azienda cozza in re ipsa con il fine della sanità; all’interno delle aziende ci sono i bulloni, all’interno della sanità ci sono le persone, quindi anche il termine azienda usiamolo per i luoghi dove si fa azienda. Un’azienda sanitaria non può essere soltanto un arido esercizio di bilancio, perché di fronte non ha bulloni, ha persone, e per la salvezza di una vita, di una persona, credo che non ci sia impegno di spesa da non poter soddisfare. Questi concetti parziali, personali, soggettivi, credo che vadano esasperati in una manutenzione straordinaria dell’impianto sanitario. Possiamo farlo, e mi avvio a concludere, in un tempo di spending review, possiamo eliminare fortemente le défaillances, le ruberie, le malversazioni che ci sono in quel settore ma dobbiamo fare anche un’altra operazione; quale? In un tempo di difficoltà economica si chiudono i rubinetti alle spese superflue, non si chiudono alle spese necessarie. Do atto al Ministro di essersi battuto rispetto al paventato taglio di oltre un miliardo, tuttavia, sempre per dirci tutta la verità, anche quella brutale, sappiamo bene che, nei prossimi tre anni, i tagli alla sanità superano i cinque miliardi di euro. Rispetto ad una sanità che, oggi, vacilla, non so che cosa succederà fra tre anni; mi auguro che non succeda la discesa verso una sanità privata che sarebbe la fine dell’universalismo che noi abbiamo voluto e che, per difendere, dobbiamo accompagnare con una certezza economica e con una certezza del diritto. Signor Ministro, lei benissimo ha fatto quando in questo provvedimento ha inserito la possibilità per alcune regioni di derogare al divieto di assunzioni.
Noi, in alcune parti d’Italia, corriamo il rischio di chiudere gli ospedali per mancanza di personale: è interruzione di pubblico ufficio. Noi corriamo il rischio, in molte zone, di chiudere gli ospedali, e li chiudiamo non perché non ci vanno i pazienti, ma perché non ci sono gli operatori in grado di dare risposte ai pazienti. Questo è un problema che io trasferisco a lei, che lo conosce meglio di me, ma invito lei a farsene carico intorno al tavolo dei Ministri e a ricordare, a quei signori che stanno seduti là con lei e che pretendono di avere una visione solo economicistica della sanità, che la sanità ha lo scopo di curare le persone, e per curare le persone noi non possiamo fare solo aridi conti, perché, se aridi conti dobbiamo fare, iniziamo a tagliare le spese militari, iniziamo a tagliare quelle spese che non sono efficienti per la persona e che servono all’apparato, pubblico o privato che sia. Con questo, io confermo le positività che il decreto-legge contiene, confermo il lavoro che insieme agli altri gruppi abbiamo fatto e mi preparo a sostenerlo, seppur con questi limiti che ho tentato di evidenziare.