Il SSN non può essere privato dei principi universalistici che lo hanno visto nascere

Il SSN non può essere privato dei principi universalistici che lo hanno visto nascere


di Gero Grassi – Vicepresidente Gruppo Pd Camera dei Deputati
 
Il Sistema Sanitario Nazionale messo a dura prova dai tagli della spesa sanitaria, deve continuare a garantire ai cittadini cure adeguate, rispondendo ai requisiti di: universalità, equità e solidarietà.
La crisi non rende facile tutto questo.
Il Servizio sanitario chiede, attraverso le imposte, sempre più ai cittadini. Nel contempo riduce l’offerta dei servizi, a causa dell’accorpamento dei reparti, la chiusura di alcuni ospedali e la riduzione del personale, determinata dal blocco delle assunzioni.
In questo momento la percezione che il cittadino ha, non è delle migliori. Appare, infatti, che a fronte dei ticket imposti, l’efficienza dei servizi non migliora.
Come dargli torto!
Alcune regioni hanno trovato soluzioni ‘modulari’, prevedendo contribuzioni proporzionali al reddito. Purtroppo questa impostazione non riguarda le regioni con i piani di rientro, che, al contrario, chiedono più contribuzione ai cittadini, erogano meno servizi e stentano a garantire i LEA.
Dov’è finito il principio universalistico e solidale del SSN?
La direttiva europea approvata nel 2011, che entrerà in vigore il 25 ottobre in tutti gli Stati membri, stabilisce che i cittadini della UE possono scegliere liberamente in quale stato curarsi.
In Italia, invece, assistiamo a disparità di trattamento a seconda della regione di residenza…


di Gero Grassi – Vicepresidente Gruppo Pd Camera dei Deputati
 
Il Sistema Sanitario Nazionale messo a dura prova dai tagli della spesa sanitaria, deve continuare a garantire ai cittadini cure adeguate, rispondendo ai requisiti di: universalità, equità e solidarietà.
La crisi non rende facile tutto questo.
Il Servizio sanitario chiede, attraverso le imposte, sempre più ai cittadini. Nel contempo riduce l’offerta dei servizi, a causa dell’accorpamento dei reparti, la chiusura di alcuni ospedali e la riduzione del personale, determinata dal blocco delle assunzioni.
In questo momento la percezione che il cittadino ha, non è delle migliori. Appare, infatti, che a fronte dei ticket imposti, l’efficienza dei servizi non migliora.
Come dargli torto!
Alcune regioni hanno trovato soluzioni ‘modulari’, prevedendo contribuzioni proporzionali al reddito. Purtroppo questa impostazione non riguarda le regioni con i piani di rientro, che, al contrario, chiedono più contribuzione ai cittadini, erogano meno servizi e stentano a garantire i LEA.
Dov’è finito il principio universalistico e solidale del SSN?
La direttiva europea approvata nel 2011, che entrerà in vigore il 25 ottobre in tutti gli Stati membri, stabilisce che i cittadini della UE possono scegliere liberamente in quale stato curarsi.
In Italia, invece, assistiamo a disparità di trattamento a seconda della regione di residenza.
Si devono mettere a posto i conti, senza mettere a repentaglio la salute dei cittadini.
Il Ministero della Salute non può dipendere totalmente dal Ministero del’Economia e delle Finanze e ai tagli si devono affiancare gli investimenti. Il taglio dei costi è la cosa più facile da attuare, ma non si può proseguire su questa strada. E’necessario studiare un nuovo piano sanitario, fondato su capacità programmatica e innovazione.
La programmazione deve partire da una approfondita conoscenza della realtà sanitaria e sociale del Paese. Sicuramente dobbiamo dare più valore alla prevenzione. Un cittadino che si mantiene in salute, nel tempo costerà meno al SSN di un cittadino che ha trascurato di curare piccole patologie, divenendo per questo paziente cronico. I Paesi dell’Unione europea stanziano mediamente per salute e prevenzione, circa il 3% della spesa sanitaria, l’Italia, invece, solo lo 0,5.
Anche il tema dell’assistenza alle persone con patologie croniche e rare non può prescindere dalla necessità di un’adeguata programmazione. Un Paese civile non può creare disparità di cure tra i suoi cittadini.
Programmazione non può essere semplicemente ripianamento dei conti con tagli lineari. Il risultato sarebbe la sospensione dei servizi per i cittadini.
La riforma della sanità non può ridursi a politiche aziendali che mirano a far quadrare i bilanci. Deve tornare al centro la persona con i suoi bisogni.
Nel nostro Paese abbiamo realtà sanitarie all’avanguardia, che sono al livello dei servizi migliori in Europa, ma abbiamo anche  realtà simili a quelle dei Paesi meno avanzati.
Non possiamo lasciare che questo paradosso continui ad esistere. Non è nato con queste finalità il Sistema Sanitario Nazionale italiano.
È necessario dare attuazione, su tutto il territorio nazionale, all’articolo 1 del Decreto Balduzzi relativo al “riordino dell’assistenza territoriale”, con particolare attenzione alla organizzazione dei servizi territoriali di assistenza primaria.  
I cittadini hanno bisogno di assistenza sul territorio h24, 7 giorni su 7.
È necessario avviare un tavolo di confronto con le organizzazioni del settore sanitario, per studiare  una proposta alternativa all’entrata in vigore nel 2014 d ulteriori ticket sanitari. Un nuovo aumento della compartecipazione alla spesa da parte dei cittadini, provocherebbe un effetto negativo sulla salute e sui redditi dei cittadini.
E’ necessario tornare a lavorare sulle liste d’attesa. E’ necessario aumentare i controlli per evitare cattive pratiche e gestire le prenotazioni in modo trasparente.
Bisogna rimboccarsi le maniche, mettere sul tavolo la situazione difficile venutasi a creare e fare ordine. 
Non si può demonizzare tutto ciò che si è fatto nel passato. Bisogna fare una cernita, valorizzando tutto ciò che è positivo ed eliminando ciò sbagliato.
Il Sistema Sanitario Nazionale va ammodernato, ripulito dalle cattive pratiche, ma non può in nessun modo essere privato dei principi universalistici che lo hanno visto nascere. La persona ed il suo bisogno di salute non possono essere annullati da tagli lineari e soppressione di servizi.