Il rapporto Ceis sulla Sanità richiama le Regioni a maggiore responsabilità

Il rapporto Ceis sulla Sanità richiama le Regioni a maggiore responsabilità

Nota dell’on. Gero Grassi – Vicepresidente Commissione Affari Sociali Camera dei Deputati
 
In materia di Sanità lo scenario che si prospetta all’orizzonte è preoccupante.
E’ quanto emerge da un’analisi dei dati, contenuti nel rapporto Sanità 2009 Ceis, presentato oggi a Roma.
Quando ci sono dati inconfutabili e rapporti documentati, non si può tergiversare sulle conclusioni. Il Governo di Centrodestra non può più giocare a nascondino con i cittadini, deve assumersi la responsabilità delle proprie azioni….

Nota dell’on. Gero Grassi – Vicepresidente Commissione Affari Sociali Camera dei Deputati
 
In materia di Sanità lo scenario che si prospetta all’orizzonte è preoccupante.
E’ quanto emerge da un’analisi dei dati, contenuti nel rapporto Sanità 2009 Ceis, presentato oggi a Roma.
Quando ci sono dati inconfutabili e rapporti documentati, non si può tergiversare sulle conclusioni. Il Governo di Centrodestra non può più giocare a nascondino con i cittadini, deve assumersi la responsabilità delle proprie azioni.
Secondo il rapporto del Ceis le Regioni potrebbero trovarsi a dover reperire risorse con nuove tasse, ticket o tagli alle prestazioni,  intorno ai 6 miliardi di euro per il 2010 e 7 miliardi nel 2011.
La spesa sanitaria del SSN alla luce della nuova manovra economica, dovrebbe assestarsi sui 116,5 miliardi nel 2010 e sui 121 miliardi nel 2011.
L’intervento pubblico esercita una importante funzione di redistribuzione – spiega il Ceis – il riparto delle risorse porta a garantire una quota pro capite pari in media a 1.745 euro, con un massimo di 2.119 euro in Trentino Alto Adige e un minimo di 1.638 euro in Campania, con un differenziale quindi del 23%.
Tali differenze si spiegano con la pesatura delle quote capitarie in base ai bisogni.  Si stima che circa l’1% in piu’ di over 65 porti un finanziamento maggiore del 2,2%.
La redistribuzione operata dal finanziamento pubblico e’ apprezzabile nel fatto che il finanziamento garantito in media alle Regioni, in rapporto al proprio PIL, si attesta al 5,7% nel Nord, al 6,0% nel Centro, sino al 9,3% nel Sud. Malgrado la redistribuzione, i disavanzi si concentrano nel Centro Sud: di fatto Lazio, Sicilia e Campania, da sole rappresentano quasi il 77% del disavanzo complessivo del sistema.
La situazione della Puglia non fa eccezione. Il Presidente Vendola qualche giorno fa ha affermato che “sarebbero dai 3 ai 4,5 miliardi i tagli alla sanità a livello nazionale: per la Puglia, che vale circa il 7% del sistema, siamo a un livello che va da meno 200 a meno 280 milioni di euro.”
Non si può immaginare di risolvere una situazione così difficile e delicata mantenendo invariata la Sanità pugliese. Comprendo benissimo il timore dei cittadini, la volontà da parte degli amministratori locali di conservare i servizi sanitari costruiti nel tempo con tanto sacrificio, ma se non si intervene con responsabilità, si rischia il collasso ed in tal caso, come tutti sanno, ricorrere ai ripari, può rivelarsi inutile e tardivo.
La Regione Puglia deve agire in materia di sanità con grande responsabilità, attraverso un percorso di concertazione e discussione, finalizzato a valorizzare le eccellenze presenti e a dismettere tutte quelle strutture che risultano ormai, solo una spesa per il Sistema Sanitario.
E’ negli interessi di questi ultimi razionalizzare la spesa, valorizzare i punti di eccellenza e trasformare in poliambulatori tutte quelle strutture ospedaliere obsolete e poco efficienti.
Non è tempo di campanili E’ tempo di responsabilità o a farne le spese saranno come sempre i cittadini, su cui potrebbero gravare pesanti tasse e nuovi ticket.