IL CONFRONTO DELLE IDEE – Un terlizzese alla guida dell’Università di Foggia

IL CONFRONTO DELLE IDEE – Un terlizzese alla guida dell’Università di Foggia

Intervista al prof. Giuliano Volpe, archeologo affermato in Italia e all’estero

a cura di Porzia Volpe

Conversiamo con il nuovo Rettore dell’Università degli Studi di Foggia, il prof. Giuliano Volpe, vincitore del ballottaggio, l’11 giugno scorso, per l’elezione alla maggiore carica dell’ateneo daunio. Il prof. Volpe, nato a Terlizzi il 17/08/58, è docente ordinario della cattedra di Archeologia tardoantica e medievale presso l’università foggiana. Archeologo affermato in Italia e all’estero, si occupa da anni di ricerche e indagini archeologiche sia terrestri che subacquee e vanta numerose scoperte di insediamenti urbani ed ecclesiastici, di epoca romana e tardoantica, soprattutto in Puglia.

Prof. Volpe, complimenti per il traguardo raggiunto. Davvero un bel regalo per i suoi prossimi cinquant’anni. Agli esordi della sua carriera, avrebbe mai pensato che un giorno sarebbe stato il Rettore di una università?

Assolutamente no, non ci avrei mai pensato; ma difficilmente avrei potuto pensare anche che sarebbe nata un’Università in quel territorio, la Daunia, nel quale ho svolto la maggior parte delle mie ricerche archeologiche a partire dalla mia tesi di laurea e che mi sarei trasferito in questa nuova Università diventandone addirittura Rettore. In realtà non ho mai fatto programmi precisi, ho sempre lavorato sodo nelle strutture nelle quali ho di volta in volta operato. La mia vita avrebbe potuto prendere strade completamente diverse, quando mi avevano chiesto di restare a Roma per proseguire gli scavi della Cripta di Balbo oppure quando vinsi il concorso per professore associato con due posti, uno a Bari e uno a Udine, e per mia fortuna mi chiamò l’Università di Bari. Una cosa però l’ho sempre avuta chiara, fin dagli esordi: continuare a lavorare in Puglia, dove c’era e c’è ancora tantissimo da fare nel campo dell’archeologia e dei beni culturali. Se poi mi si concede una riflessione, vorrei dire che se un archeologo, non proveniente da una famiglia di professori universitari, privo di ‘protettori’ accademici ma che ha avuto la fortuna di incontrare docenti che hanno creduto nelle sue capacità, che ha fatto tutta la difficile carriera esclusivamente grazie all’impegno e al lavoro, appartenente ad una Facoltà ‘debole’ come Lettere, che ha fatto la sua campagna elettorale lavorando ad un buon programma elaborato con un ampio coinvolgimento, senza accordi segreti e promesse private, riesce a diventare Rettore, allora vuol dire che l’Università è molto più sana di quello che a volte appare sui giornali e che la meritocrazia a volte non è solo uno slogan retorico. Un buon segnale per i più giovani.

Visitando il suo sito internet (www.giulianovolpe.it) si può conoscere il suo ampio curriculum professionale, ma per i nostri lettori riesce a sintetizzare, in poche righe, i suoi anni di studio e lavoro?

Ci provo. La trafila per la carriera universitaria è lunga e dura, non si smette mai di studiare e di essere valutati. Laurea in Lettere classiche a Bari nel 1982, poi, dopo il servizio militare da ufficiale, un dottorato in archeologia a Napoli nel 1985, seguito da una borsa di post-dottorato. Ho percorso tutte le tappe del precariato e ho sempre lavorato in parallelo agli studi, anche negli anni universitari, per cui costituì nel 1985 la prima cooperativa archeologica in Puglia. Nel 1989 vinsi un secondo dottorato, in storia, alla Scuola Superiore di Studi Storici di San Marino, allora diretta da Aldo Schiavone. Nel 1992 sono diventato ricercatore a Bari e nel 1998 Professore Associato. Nel 2000 mi sono trasferito nella neonata Università di Foggia e nel 2001 sono diventato Professore Ordinario, svolgendo vari incarichi, Presidente del Corso di Laurea in Beni Culturali e poi Direttore del Dipartimento di Scienze Umane.

La Puglia, soprattutto il territorio daunio, è stata davvero una miniera per le sue ricerche e studi. Quali scavi ha condotto e dove attualmente sta operando?

Tutta la Puglia costituisce una delle realtà archeologiche più importanti del Mediterraneo. La Daunia poi è un territorio ricchissimo e purtroppo anche molto violato dalla piaga dello scavo clandestino ma anche dai tanti sfregi prodotti al paesaggio. Pur non occupandomi di civiltà daunia, uno dei miei prossimi impegni sarà dedicato alla organizzazione di una grande mostra sui Dauni, per far conoscere meglio questa realtà a livello nazionale e internazionale. I miei interessi si sono invece diretti su fasi storiche fino a pochi anni fa meno indagate, come l’età romana e quella tardoantica, cioè la fase di passaggio dall’Antichità a Medioevo. Ho scavato alcune ville romane, cioè aziende agricole, e in questi anni sono impegnato nello scavo della straordinaria villa di Faragola nei pressi di Ascoli Satriano, di cui sto curando ora la sistemazione a parco archeologico e che a breve sarà visitabile. Ho inoltre scavato a lungo la città antica di Herdonia, i complessi paleocristiani di Canosa, dove sto attualmente curando l’allestimento del Museo dei vescovi, la villa e il complesso paleocristiano di San Giusto nei pressi di Lucera. Ma il mio impegno particolare è nell’analisi dei paesaggi antichi con ricerche di archeologia ambientale in alcune valli fluviali (Ofanto, Celone, Carapelle): oltre alla ricerca mi ha sempre interessato favorire la valorizzazione e la fruizione, per cui sto lavorando ora allo sviluppo degli Ecomusei in Daunia.

Il suo impegno come docente universitario è unico, in particolare per aver fondato uno dei più grandi cantiere-scuola d’Italia. Come fa a gestire un numero così alto di studenti durante una campagna di scavo?

Per fare della buona ricerca e della buona formazione, oggi più che mai, è necessario avere anche doti manageriali. Ho avuto la fortuna di impararlo da studente frequentando gli scavi didattici della villa di Settefinestre con Andrea Carandini e poi gli scavi urbani della Cripta Balbi a Roma con Daniele Manacorda. Anche per questo tengo molto a garantire ai miei studenti opportunità di formazione sul campo, dove alla teoria si affianca la pratica, allo studio la fatica del lavoro con cazzuola, piccone e strumentazioni tecnologiche come laser scanner 3D, teodoliti, strumenti geofisici. Ho organizzato cantieri anche con 80-100 persone: sono piccole aziende, in cui si impara a lavorare insieme; si devono risolvere i problemi logistici (alloggi, vitto, trasporti, ecc.). Ognuno ha una sua responsabilità precisa. E chi dirige lavora come e più degli altri. Credo molto nel valore dell’esempio. Solo così si formano bravi professionisti e forse, cosa più importante, bravi cittadini.

Tra un convegno e un libro da pubblicare, non si riposa mai e … durante l’estate, è impegnato in scavi subacquei…

Ho la fortuna di fare un lavoro che mi piace molto, in tutti i suoi molteplici aspetti, lo studio, la preparazione di un saggio, la partecipazione ad un convegno, l’organizzazione di uno scavo, le lezioni. Ho poi una sorta di persecuzione interiore, il senso del dovere, per cui non riesco a rilassarmi se so di dover tener fede a degli impegni. Mi riposo di più quando so di aver finito un lavoro. Questo è anche un mio limite, indubbiamente, perché mi porta a considerare il tempo libero una perdita di tempo e so bene che è un errore. D’estate da trent’anni a questa parte, mi dedico agli scavi subacquei, che sono da sempre uno dei miei filoni di ricerca; ho scavato a lungo vari relitti in Francia, alle isole di Hyères, poi a Ustica, ora sono impegnato in ricerche in Albania, partiremo fra qualche settimana. Per fortuna si tratta sempre di bei posti, la mia famiglia mi segue, mi piace molto il mare e l’immersione subacquea (poi sono felice perché mia figlia Valeria si immerge con me ed è una bravissima subacquea), faccio un bel po’ di attività fisica e quindi sono queste le mie vacanze. Le scoperte poi sono sempre di grande interesse scientifico: cosa può volere di più un archeologo?

Lei scava ovunque! In terra, in acqua e….in cielo? E’ vero che ha tenuto corsi per effettuare rilievi aerei di siti archeologici?

L’archeologia aerea è un filone molto importante dell’archeologia dei paesaggi, che peraltro ha in Capitanata uno dei luoghi privilegiati, per la natura stessa della geomorfologia del territorio e per il tipo di colture cerealicole. Le foto scattate a bordo di un aereo a bassa quota in un determinato periodo dell’anno, nella tarda primavera, consentono di individuare le tracce di siti archeologi sepolti, grazie alla diversa crescita della vegetazione. Negli ultimi anni abbiamo potuto scoprire in Daunia oltre 1000 nuovi siti archeologici. La Daunia è un po’il paradiso degli archeologi aerei e ogni volta che organizzo una Summer School o delle ricognizioni con studenti o colleghi stranieri è un piacere vederli atterrare felici per aver visto e documentato fotograficamente siti straordinari.

Un concittadino così affermato non può che inorgoglire la nostra città. Ma che altro dobbiamo aspettarci da un terlizzese così motivato e impegnato?

Per i prossimi anni, tre o forse sei, se i colleghi vorranno confermarmi, il mio impegno sarà interamente dedicato all’attività di Rettore: ci sono tantissime cose da fare, moltissimi problemi da risolvere e la stagione dell’Università italiana non è delle più facili. Inoltre non voglio del tutto rinunciare alle mie ricerche e alla mia attività di docente. Mi interessa anche impegnarmi nella politica dei Beni Culturali, come in parte già ho fatto. In questi anni sono molto preso da un importante progetto, la realizzazione della Carta dei Beni Culturali della Puglia, che è parte integrante del nuovo Piano Paesaggistico della Regione. Ho sempre avuto viva una forte passione civile e politica (nel senso più nobile della parola) e penso che ci sia bisogno di impegnarsi, soprattutto nel campo che conosco meglio, quello dei beni culturali, appunto, un settore strategico per la Puglia e l’Italia, finora assolutamente sottovalutato.

A Terlizzi ha frequentato le scuole dell’obbligo e il Liceo Classico. Cosa ricorda di quegli anni?

Sono stati anni importanti, decisivi, e sono ancora oggi grato a quei docenti che hanno segnato la mia, la nostra vita. Ho un bel ricordo dei miei professori e dei miei compagni di scuola; ma in generale ho un enorme rispetto per i docenti delle scuole elementari, medie e superiori, che purtroppo sono mortificati e malpagati e che soprattutto non godono più di quel rispetto sociale che sarebbe loro dovuto. Sono stati anche gli anni del mio impegno politico e culturale, a scuola e in paese. È stata una palestra di impegno, di partecipazione, di confronto ideale, nella quale mi sono formato. Forse non è un caso che alcuni dei protagonisti di quella stagione politica giovanile, tutti coetanei e allora su posizioni molto diverse, a volte anche di forte contrapposizione, ma sempre legati da amicizia e da stima reciproca, siano ancora oggi impegnati in prima persona: penso a Nichi Vendola, allora nella Fgci, o Gero Grassi del Movimento giovanile DC, o io stesso, che in quegli anni ero attivo nel Circolo Politico di Opposizione o nel giornale In/contro (reperti archeologici che chissà se qualcuno ricorda).

La sua famiglia è sempre a Terlizzi ma credo che, con tutti gli impegni di studio e lavoro, frequenta poco il suo paese natio?

Il mio rapporto con Terlizzi è sempre rimasto solido e ovviamente legato in particolare alle nostre famiglie. Ci vengo abbastanza spesso ma per brevissimi momenti, di solito la domenica, con pranzi o cene straordinari e piacevolissimi. In questi giorni ho avuto il piacere di rincontrare tanti amici del liceo e degli anni giovanili. Sono quelle amicizie solide, vere, che forse si hanno solo a vent’anni: ci siamo rivisti dopo trent’anni e sembrava che non ci vedessimo dal giorno precedente!

Che piatto in particolare le cucina la sua mamma quando va a trovarla?

La pasta al forno, che, in ossequio al più classico degli stereotipi, solo la mamma sa preparare in quel modo particolare e che la moglie non sa eguagliare!

Bene, caro professore, o meglio, caro zio, visto che anche i gusti ci avvicinano, ci vediamo a pranzo da nonna!