IL CONFRONTO DELLE IDEE – La Principessa e il figlio del Professore

IL CONFRONTO DELLE IDEE – La Principessa e il figlio del Professore

Parla di amore e vicende di umana sofferenza il nuovo romanzo di Gero Grassi
La Principessa e il figlio del Professore
a cura di Maria Teresa De Scisciolo
 
Ad un anno esatto dall’uscita del libro “Il Ministro e la Brigatista”, Gero Grassi torna a scrivere un romanzo che miscela amabilmente una storia d’amore con vicende di umana sofferenza.
Il 12 febbraio 1924 a Terlizzi, con la nascita di uno dei protagonisti, si avvia la storia che affascina per le descrizioni locali e per lo sbirciare, quasi dal buco della serratura, il mondo intero che si misura in guerre e conflitti, che producono fame e miseria.
Ma… c’è sempre il rovescio della medaglia, con il lavoro ed il sacrificio anche la povera gente riesce ad emergere perché animata da: sani principi, sete di sapere, fame di cultura..
A differenza del primo romanzo, questo libro di Gero Grassi è certamente più ricco di descrizioni storiche che rendono la scenografia del racconto particolareggiata a tratti commuovente.
Abbiamo incontrato l’autore e gli abbiamo rivolto qualche domanda in attesa dell’uscita del libro.
Ho avuto modo di affermare in passato: “…per Gero Grassi scrivere è come respirare…” quasi a voler sottolineare la necessità di rapportarti col mondo che ti circonda, attraverso i tuoi scritti. A quale “storia” stai lavorando? So che ce n’è una.
Il libro si chiama “La Principessa e il figlio del professore”. È un romanzo storico che si sviluppa negli anni 1924-1948 con un salto poi nel triennio 1976-1978.
E’ trascorso un anno da quando, con la Palomar Edizioni, hai dato alle stampe “Il Ministro e la Brigatista”. Sarebbe stato quasi scontato dare un seguito a quella storia, ambientata sul finire degli anni ‘70 ed invece…ti cimenti in un romanzo che narra della guerra e del dopoguerra. Come mai?
Sto analizzando e studiando Terlizzi e la sua storia nei vari periodi anche per ridare alla luce avvenimenti e costumi ormai dimenticati. Girando L’Italia ho capito che attraverso un romanzo si parla della nostra storia e i giovani apprezzano di conoscere vicende spesso dimenticate.
“La Principessa e il figlio del Professore” un titolo quasi regale per una storia che racconta la fame, la povertà. E’ una scelta meditata?
È una scelta che tenta di dire a chi non c’era cosa erano la nostra città e l’Italia negli anni poveri. Nello stesso tempo è un modo per amare Terlizzi e l’Italia e farle conoscere dappertutto. Tieni presente che con il libro “Il Ministro e la Brigatista” ho tenuto oltre 160 presentazioni in Italia e all’estero. Terlizzi è conosciutissima anche nei particolari.
Chi sono la Principessa e il figlio del Professore?
Scrivo sempre di fatti veri. Nel libro solo la Principessa ed il figlio del Professore sono personaggi ispirati. La Principessa è la figlia di un calzolaio e la nipote di una ostetrica comunale. La Principessa studia e diventa Medico Chirurgo. È una democristiana. Il Figlio del Professore è figlio di due genitori trovatelli. Il padre è scalpellino. Anche lui, nonostante la povertà, diventa medico all’Ospedale Sant’Orsola di Bologna. È un comunista eletto consigliere comunale nel 1946.
Anche in questo romanzo i protagonisti e le loro vicende sono un tramite per raccontare la storia della nostra terra. Sbaglio?
Non sbagli affatto. Terlizzi è sempre nel mio cuore. Nonostante spesso molti cittadini fanno male a questa città, considerata luogo di saccheggio, ritenuta città senz’anima, io provo per il paese un enorme affetto.
Terlizzi, la tua città, occupa uno spazio importante in questo romanzo, così come nel precedente. Analizzare la storia a te più vicina è una necessità o un atto d’amore?
Tutte le due cose. Io ho nel cuore Terlizzi, le sue pietre, i suoi profumi. All’Università di Napoli due medici presentando il mio libro hann parlato della nostra città come se fosse la loro. L’hanno descritta benissimo. Tutto questo è bellissimo. Il dottor Luigi Ricciarelli si è innamorato di Terlizzi pur non conoscendola. il dottor Tommaso Pellegrino, ex Deputato dei Verdi, descrive benissimo Terlizzi pur non conoscendola.
Il romanzo ha come data di partenza il 1924. L’incipit è d’impatto perché narra della “ruota” dove venivano lasciati gli orfanelli. Di cosa si tratta?
La ruota ha rappresentato a Terlizzi, ma anche altrove, la volontà di salvaguardia dei neonati. Erano abbandonati ma in un luogo in cui trovavano vita. Dopo la ruota ci sono storie bellissime che meritano di essere raccontate.
Guerra, prigionia, fame, fanno da sfondo ad una esigenza di riscatto che si può conquistare solo con lo studio e la cultura…
Nella vita le difficoltà possono essere presupposto di crescita se c’è la volontà e la forza d’animo.
Nel libro si parte dal 1924 per arrivare al Fascismo. Il tutto è analizzato e descritto sbirciando il panorama internazionale, ma restando fermamente ancorati alla nostra terra. Cosa ha sofferto l’Italia meridionale in quegli anni?
Il Fascismo è stata privazione di libertà ed oppressione di cervelli. È stato anche morte, miseria, distruzione, dolore. Nel Mezzogiorno ancor più perché le condizioni economiche erano peggiori del nord. Ma il Mezzogiorno si è riscattato con uomini come Sturzo, Salvemini, Di Vittorio, Moro, Fiore e tanti altri.
L’analisi storica di quei tristi anni si miscela amabilmente con il romanzo che narra delle umane passioni che coinvolgono i due protagonisti. Ma, anche in questo romanzo, come nel precedente, i due hanno passioni politiche in antitesi. Ti piace complicarti la vita?
Non mi complico la vita. Cerco di analizzarla. Una società composita e pluralista è stato sempre il mio modello. Guai ad immaginare omogeneizzazioni culturali e politiche fallite in tutto il mondo. Il guaio è che oggi, in presenza di libertà e democrazia, si assiste al tentativo di ridurre tutto ad un uguale indistinto. E questo tentativo è spesso bipartisan. Viene dall’uomo che non accetta l diversità o le voci critiche.
I due protagonisti nonostante la povertà riescono entrambi a laurearsi in medicina e a diventare primari ospedalieri. Come dicevano i latini: volere è potere?
I due protagonisti, nonostante tante difficoltà, emergono grazie alla intelligenza, alla forza di volontà ed alla bravura. Il tutto condito da enormi sacrifici. Nessuno regala loro nulla.
Con percorsi differenti e attraverso l’affermazione di ideologie diverse i due protagonisti approdano entrambi alla Camera dei Deputati. La fatica alla fine paga. Quanto c’è di autobiografico in questo…
I miei lavori contengono sempre parti autobiografiche. Dirette o indirette. Ma il libro è anche l’autobiografia di tanti uomini e donne che hanno creduto nel sogno della democrazia e del lavoro. e che lottano ogni giorno per difenderla.
Daniele è un Onorevole del PCI e Teresa della DC. E’ una metafora per parlare del “compromesso storico”?
Nessuna metafora. La vita e la società italiana sono state dirette da due grandi partiti: la DC ed il PCI. Accanto agli errori, questi partiti, ma anche gli altri, hanno dato senso e respiro alla democrazia, spesso soccorrendosi a vicenda. Purtroppo oggi l’assenza di partiti seri determina approssimazione, impreparazione amministrativa e personalismi inutili. Quei partiti erano scuola d vita.
Nel Governo Andreotti, che si appresta a giurare alla Camera quel tragico 16 marzo 1978, Teresa Tuberoso è indicata come Ministro della Sanità, fortemente voluta da Aldo Moro. E’ la prima donna Ministro della storia repubblicana. Quanto è difficile per una donna affermarsi oggi, soprattutto in politica?
Le donne devono faticare di più per emergere perché scontano un pregiudizio. Se sono brave emergono lo stesso ma hanno sempre una strada da percorrere più difficile di quella degli uomini perché la nostra società è ancora fortemente maschilista nei tempi, nella organizzazione e nella concezione.
Ancora una volta un finale che lascia l’amaro in bocca, con la tragica scomparsa di uno dei protagonisti. Perché il destino alla fine non ci concede tutto nella vita e l’amore resta la meta più difficile da raggiungere?
Questo finale è la vita. La morte e la vita sono un tutt’uno. Dolore e sofferenza, gioia ed amore fanno parte della vita. Guai ad immaginare una vita tutta felicità. Nonostante tutto questo, però, la vita va vissuta ed è bellissima.
Hai sempre detto che il tuo libro preferito è: “I promessi sposi”. E’ la seconda volta che ti cimenti in un romanzo storico. C’è qualche recondita aspirazione che vuoi confidarci?
Nulla. Chiedo di leggere il romanzo e di considerarlo come una traccia di riflessione per un impegno sempre pieno di passione sociale. Il paese ha bisogno di cittadini che lo amano e che si offrono, non di persone interessate a succhiare il sangue senza mai offrirsi.