05 Giu Disposizioni urgenti per salvaguardare il potere di acquisto delle famiglie
Le misure contenute nel decreto-legge 93 sono deludenti perché determinano effetti marginali sulla distribuzione del reddito e sulla crescita lasciando sullo sfondo le vere priorità: il livello troppo basso dei salari e l'aumento dei prezzi. In particolare…
Decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93
“Disposizioni urgenti per salvaguardare il potere di acquisto delle famiglie”
Nota a cura del
Comitato economia e finanza del Partito democratico
Il decreto non risolve il problema della crisi del potere di acquisto in Italia
Le misure contenute nel decreto-legge 93 sono deludenti perché determinano effetti marginali sulla distribuzione del reddito e sulla crescita lasciando sullo sfondo le vere priorità: il livello troppo basso dei salari e l'aumento dei prezzi.
In particolare:
1. le famiglie italiane sono molto indebitate e si assiste ad una situazione nuova per il nostro paese, sconosciuta fino a 15 anni fa: secondo l'ultimo rapporto ISTAT la cultura del risparmio è stata minata – il 66,1 per cento delle famiglie non riesce più a risparmiare -; circa il 15 per cento delle famiglie italiane non riesce ad arrivare a fine mese e deve ricorrere all'indebitamento; circa il 30 per cento dei nuclei familiari non riesce ad affrontare una spesa imprevista di 600 euro.
2. Sempre il rapporto Istat 2007 segnala che il reddito dei cittadini italiani è crollato del 13 per cento rispetto ai paesi dell'Unione europea. In pratica in Italia si vive con "salari greci e prezzi tedeschi". Sono gli anziani soli a percepire i redditi più bassi, soprattutto le donne con più di 65 anni che vivono da sole.
3. Nell'ultimo anno i prezzi al consumo sono aumentati di circa il 3,3 per cento, oltre un punto in più rispetto all'inflazione programmata. Il peggioramento non ha colpito tutti allo stesso modo perché gli aumenti hanno riguardato soprattutto i consumi quotidiani; poiché le famiglie a reddito più basso hanno una più elevata propensione al consumo sono queste le più colpite. L'aumento della spesa di tali famiglie è evidente: cresce il costo dell'abitazione, dell'acqua, e dell'elettricità (più 5,6 per cento su base annua); il costo dei prodotti alimentari (più 5,5 per cento); quello dei trasporti (più 5,1 per cento).
4. La questione prezzi e la questione salariale sono ormai priorità nazionali l’unico vero modo per incidere sulle condizioni di vita degli italiani è quello di intervenire sui meccanismi e sul reddito disponibile.
5. I dati di finanza pubblica ad oggi disponibili indicano un andamento tendenziale di entrate e spese migliore delle previsioni contenute nella Relazione Unificata del 18 Marzo scorso. In particolare, il fabbisogno cumulato da Gennaio ad Aprile migliora di quasi 3 miliardi di euro il risultato raggiunto nel corrispondente periodo del 2007, anno chiuso con un deficit di 8 miliardi inferiore a quello previsto per quest’anno. Le entrate da Gennaio ad Aprile aumentano con un passo doppio rispetto all’andamento nominale dell’economia: +7 per cento le prime; +3,6 per cento la seconda. È vero che l’Iva da scambi interni nel mese scorso è calata rispetto allo stesso mese del 2007. Tuttavia, è anche vero che Irpef, Ires, Irap, imposte di registro e contributi sociali continuano ad aumentare a tassi molto superiori all’andamento dell’economia. A tali risultati ha certamente concorso un andamento del Pil nel primo trimestre dell’anno superiore alle attese. In sintesi, esiste sia un extragettito, sia una sovrastima delle spese. L’insieme delle due componenti dei conti delle pubbliche amministrazioni, extragettito e sovrastima delle spese, ossia il così detto “tesoretto”, si può prudenzialmente stimare in almeno circa 3 miliardi di euro per il 2008.
6. Per non dover riconoscere i risultati raggiunti dal Governo Prodi nel risanamento della finanza pubblica, il Governo Berlusconi ed il Ministro Tremonti negano l’evidenza. Di conseguenza, per coprire i costi del decreto fiscale, intervengono pesantemente su importanti programmi per il Mezzogiorno, per le pari opportunità, per l’integrazione sociale, per la sicurezza.
7. Il Pd propone al Governo di riconoscere l’evidenza ed utilizzare le risorse dell’extragettito e della sovrastima delle spese per coprire i costi del decreto fiscale non toccando le risorse stanziate nella scorsa legislatura.
8. Va ricordato che l’articolo 1, comma 4, della Finanziaria 2008 dispone la destinazione delle maggiori entrate tributarie alla riduzione della pressione fiscale nei confronti dei lavoratori dipendenti e specifica che tale riduzione debba essere realizzata attraverso l’incremento della detrazione. Coerentemente il PD, nel suo programma, prevedeva da subito un aumento della detrazione IRPEF a favore dei lavoratori dipendenti finanziata con l’extragettito.
Siamo impegnati nella battaglia parlamentare a intervenire sulla questione del potere d’acquisto anche mobilitando maggiori risorse e a denunciare e correggere le evidenti criticità presenti nelle singole misure.
Il Decreto è discriminatorio e irrazionale
Non c’è nessun beneficio per gli inquilini
Il primo problema ha a che fare con il fatto che la totale esenzione dal pagamento dell’Ici sulla prima casa, sulle relative pertinenze e sulle abitazioni assimilate (ad esempio, una seconda o terza casa assegnata in uso gratuito a parenti in linea retta o collaterali) esclude le famiglie non proprietarie (a partire da quelle che vivono in affitto). Secondo i dati de Il Sole 24 Ore i beneficiari dell'esenzione ICI sono 16,9 milioni. Mancano all'appello altre 7 milioni di famiglie, tra le quali la percentuale di nuclei in condizioni di povertà è maggiore che tra i nuclei proprietari dell'abitazione principale.
Al contrario, la Finanziaria 2008 – contestualmente alla detrazione aggiuntiva ICI dell’1,33 per mille del valore catastale dell’immobile e fino a un massimo di 200 euro così da esonerare dal pagamento dell'imposta il 40 per cento circa dei contribuenti – consente agli inquilini di detrarre fino a 300 euro l’anno, che aumentano fino 991,6 euro all'anno per i giovani affittuari tra i 20 e i 30 anni di età, con restituzione dello sgravio non goduto in caso di incapienza.
Inoltre, l’estensione dell’esenzione ICI anche alle abitazioni assimilate a quella principale, in base al regolamento comunale, significherà, ad esempio, che il padre non pagherà l'imposta sulla casa data al figlio soltanto in alcune città – quelle che hanno previsto l'assimilazione ai fini della detrazione – e non in altre, nonostante la presenza di identiche condizioni, anche catastali, dell'immobile.
Infine, gli effetti distributivi sono molto regressivi. A titolo di esempio, per una prima casa o per una seconda casa data in comodato d’uso a un figlio di 200 metri quadrati a piazza Navona a Roma, si determina un risparmio di circa 2500 euro all’anno, mentre per una prima casa di 80 metri quadrati in un quartiere periferico e popolare il risparmio è zero. Gli effetti sono calcolati in riferimento alla legislazione vigente, ossia la detrazione aggiuntiva introdotta dalla Legge Finanziaria per il 2008 del Governo Prodi.
C’è un danno per i Comuni
Un problema particolarmente rilevante è quello relativo al minor gettito da compensare ai Comuni e la sua quantificazione. La relazione tecnica del Dl 93 fa riferimento alla relazione tecnica della Finanziaria 2008, che stimava un gettito complessivo ICI prima casa di 2.665 milioni di euro. Con il combinato disposto Finanziaria 2008 + DL 93/2008 la perdita di gettito stimata dalla Relazione tecnica è pari a 904 + 1.700 = 2.604 milioni di euro.
In realtà, il Ministero dell'Interno dovrebbe avere dati più precisi e aggiornati di quelli utilizzati nella Relazione tecnica della Finanziaria 2008 (e ripresi dalla RT del decreto 93/2008), poiché entro il 30 aprile 2008 tutti i Comuni hanno inviato le autocertificazioni previste dalla Legge Finanziaria 2008 con le quali bisognava indicare il gettito totale dell'ICI prima casa e la perdita presunta di gettito derivante dallo "sconto" introdotto dalla Finanziaria 2008. Sarebbe utile conoscere questi dati.
In ogni caso, per quanto riguarda la stima del minor gettito ICI prima casa "girano" cifre diverse dalla stima della RT:
– Il Sole 24 Ore ha ripetutamente indicato la cifra di 2.800 milioni di euro di minor gettito;
– il Vicepresidente ANCI on. Osvaldo Napoli (Pdl) ha recentemente quantificato in circa 3 miliardi di euro il gettito ICI prima casa, valutando in 2,2 miliardi di euro la compensazione necessaria per la completa abolizione (il Dl 93/08 stanzia invece 1,7 miliardi di euro)
Un ulteriore problema riguarda i tempi della restituzione (piuttosto dilatati, mentre le entrate verranno meno sin da giugno) e le modalità. Mentre la Finanziaria 2008 aveva previsto un meccanismo preciso – l'autocertificazione di cui sopra – il decreto legge di Tremonti rimane assolutamente nel vago.
Sostanzialmente, la restituzione ai Comuni avviene nella forma di un trasferimento erariale. È un passo indietro sulla strada del federalismo fiscale (così come l'inusitato blocco di tutte le addizionali, che azzera ogni autonomia tributaria degli enti territoriali), e un danno anche in prospettiva, perché il gettito ICI ha un suo naturale incremento (a differenza dei trasferimenti).
Con l’approvazione del decreto i Comuni italiani diventeranno ufficialmente enti “congelati”.
Il 40 per cento della loro principale entrata, che veniva riscossa autonomamente nei mesi di giugno e di dicembre per provvedere al finanziamento dei servizi di prossimità, dipenderà da trasferimenti governativi incerti nella dimensione e nei tempi di erogazione effettiva. Ciò rischia di avere immediati effetti deleteri per tutti i Comuni che vivono già oggi una situazione di difficoltà di cassa, come ad esempio quelli che sono localizzati nelle Regioni con situazioni finanziarie più deficitarie per la Sanità, e che appunto per questo “centellinano” o ritardano i loro pagamenti agli enti locali subordinati.
Ma c’è di più. L’ICI, per quanto “rigida”, poteva garantire un certo andamento crescente nel tempo, in relazione sia alle nuove edificazioni, sia e soprattutto alla modernizzazione della fotografia catastale del territorio e alla lotta all’evasione e all’elusione, su cui i Comuni hanno tanto investito con loro risorse tecnologiche, finanziarie e regolamentari. Invece, il rimborso dell’ICI prima casa è previsto ancorato ai livelli del 2007 (peraltro sottostimati), senza alcun meccanismo di crescita nel tempo.
Vengono poi bloccate tutte le altre forme di autonomia impositiva e Finanziaria dei Comuni.
È inevitabile che questo clamoroso passo indietro nell’assetto dei poteri decentrati della Repubblica, e quindi questo paradossale ritorno al centralismo da parte di un Governo che del federalismo fa la sua bandiera, avrà effetti sul costo e sulla quantità dei servizi offerti dai governi comunali: dagli asili nido all’assistenza agli anziani, dal trasporto pubblico locale (di cui è stato anche de finanziato il fondo incrementale necessario per tenere in equilibrio il comparto in relazione agli aumenti contrattuali e all’aumento del costo del petrolio) alla sicurezza urbana.
La detassazione degli straordinari è iniqua e contiene molte criticità
Queste criticità sono evidenti:
1. In un Paese che conserva uno dei tassi più bassi d'Europa di occupazione femminile, un tasso di disoccupazione elevato in molte aree territoriali non sviluppate e salari e stipendi molto bassi anche nelle aree territoriali più sviluppate e competitive, sarebbe più conveniente e convincente partire da incentivi all’occupazione stabile e all'aumento degli stipendi e dei salari aziendali collegati alla crescita della produttività.
2. Un altro elemento critico sta nel fatto che la detassazione sia degli straordinari sia dei premi è prevista a prescindere dal fatto che questi siano negoziati col sindacato o erogati unilateralmente dal datore di lavoro. Così non si incentivano la riforma della struttura contrattuale e la contrattazione collettiva di secondo livello per cui sono impegnate le parti sociali. Si va, invece, nella direzione contraria, di depotenziare il metodo contrattuale e il suo decentramento. Al contrario, noi sosteniamo la riforma della contrattazione, perché è utile a migliorare il funzionamento del nostro mercato del lavoro e del sistema produttivo.
3. Il beneficio riguarda una minoranza di lavoratori, contrariamente a quanto viene propagandato dal governo. Sono, infatti, esclusi i pubblici dipendenti, anche quelli che hanno un ruolo particolarmente importante per la collettività, come infermieri, poliziotti, guardie carcerarie, ecc. Inoltre, la misura esclude sostanzialmente anche i lavoratori più deboli, ossia le donne, molti lavoratori atipici, i lavoratori del Mezzogiorno, proprio quando il grande problema del mercato del lavoro italiano continua a essere costituito dai bassi tassi di occupazione di queste fasce, esacerbando così i gravi divari esistenti.
4. Si incentivano le imprese a usare le ore di lavoro rispetto al numero di lavoratori: straordinario al posto del lavoro normale. Il problema del nostro mercato del lavoro è il basso tasso di occupazione, non il basso numero di ore lavorate, a differenza di altri mercati del lavoro meno regolati dove le imprese usano il numero degli occupati invece delle ore di lavoro per adeguare la produzione al variare della domanda.
5. L’impatto distributivo sulla platea coinvolta è regressivo poiché determina un maggior risparmio d’imposta all’aumentare del reddito, perché il lavoratore con aliquota marginale effettiva più bassa ha uno sconto minore rispetto a quello con l’aliquota marginale più alta, ossia quello con il reddito più elevato. Al contrario, il programma del Pd, oltre ad una diversa base imponibile (la retribuzione di secondo livello), prevedeva di intervenire attraverso una detrazione fiscale del 23 per cento, portando quindi sotto al 10 per cento l’aliquota marginale effettiva per le fasce di reddito più basse e riducendo lo “sconto” fiscale all’aumentare del reddito (fino ad un aliquota marginale effettiva intorno al 20 per cento).
Il prestito Alitalia
La trasformazione del prestito-ponte in patrimonio ha lo scopo evidente di prendere tempo ed evitare l’immediata liquidazione di Alitalia ai sensi del codice civile. Resta da capire cos’è questo strano animale di un “debito” che diventa patrimonio, e resta da capire quale valutazione potrà dare la Comunità Europea ad un aiuto da parte dello Stato che non è di “salvataggio” (il che sarebbe vietato da precedenti interventi dello Stato su Alitalia) e non è neppure di “ristrutturazione”, e cioè connesso ad un piano industriale.
In ogni caso, si tratta di un finanziamento senza alcuna prospettiva. Dopo aver distrutto la soluzione Air France, il Governo non ha ancora pronunciato in Parlamento una parola su nuove soluzioni né sul percorso che intende adottare.
Noi esprimiamo la massima contrarietà rispetto a questo comportamento.
I mutui
Il primo aspetto da chiarire è che, contrariamente alla vulgata governativa, non si tratta di una rinegoziazione che consente di trasformare un mutuo da tasso variabile a tasso fisso, ma di una rinegoziazione che trasforma un mutuo a tasso variabile con rata variabile per un periodo di tempo determinato, in un mutuo a rata fissa, ad un tasso stabilito, per un periodo di tempo indeterminato (che sarà tanto più lungo quanto più elevati saranno stati i tassi d’interesse nel periodo di ammortamento residuo dopo la rinegoziazione). In sostanza, dopo la rinegoziazione, il cittadino ha una rata più bassa ma la differenza viene versata in un conto dove si accumula un ulteriore debito che il cittadino dovrà rimborsare alla fine, trovandosi così indebitato non, ad esempio, a venti anni, ma a venticinque anni; senza considerare che su questo debito di interessi sarà calcolato un ulteriore interesse.
Inoltre, le garanzie già iscritte a fronte del mutuo oggetto di rinegoziazione continuano ad assistere il rimborso degli interessi accumulati sul conto di finanziamento accessorio alla data di scadenza del mutuo; l’immobile è dunque gravato da ipoteca per un periodo più lungo.
L’intervento è conveniente per le famiglie solo in apparenza, in realtà, alla fine del periodo di ammortamento, potrebbe rivelarsi vantaggioso per le banche: poiché la convenzione è aperta, saranno le banche a decidere la convenienza o meno ad aderire all’operazione.
Vi è inoltre da considerare che questo è un modo con cui le banche evitano la “portabilità”, la misura varata dal Governo Prodi e a cui le banche si sono sempre opposte: considerando la bassa propensione delle famiglie a spostare il mutuo da una banca all’altra (perché questo obbliga anche a spostare i flussi di reddito (stipendi, fatture) sul conto, le domiciliazioni (RID) etc.; inoltre preferiscono non spostarsi perché c’è un rapporto fiduciario e sono clienti da anni) la rinegoziazione concordata da ABI con il Governo dà a tutti i clienti con mutuo un forte impulso a rinegoziare con la propria banca e scoraggia il passaggio da una banca all’altra, anche se gratuito grazie alla “portabilità”. A tutto vantaggio delle banche: la “portabilità” del mutuo obbligava a concedere l’uscita e l’ingresso a costo zero; rinegoziando – con un interesse calcolato sugli interessi accumulati a debito – le banche non “pagano” la portabilità, evitano la concorrenza e guadagnano per interessi su interessi.
L’Antitrust, anche se in modo singolare, ha voluto dare dopo poche ore il via libera all’iniziativa, ma nella segnalazione inviata al Governo e al Parlamento si deve riconoscere il forte rischio di cartello e di disincentivazione a competere, a tutto danno del consumatore.
Le coperture
Le coperture infliggono un colpo molto duro al Mezzogiorno, al trasporto pubblico locale e alle politiche industriali, perché il decreto taglia drasticamente le risorse ad essi destinate dal Governo Prodi.
Il metodo che il governo segue, molto complesso e discutibile, è quello di far confluire quasi tutte le riduzioni di spesa, provenienti dalla revoca o dalla diminuzione dei contributi, nel Fondo per gli interventi strutturali di politica economica. Non ci sono, infatti, aumenti di entrata.
Le risorse che confluiscono nel fondo derivano da:
ü riduzioni di spesa varie in conto capitale e di parte corrente, tra le quali particolare rilevanza riveste il taglio delle risorse destinate alla viabilità secondaria di Sicilia e Calabria per 500 milioni in ciascun anno 2008 e 2009;
ü risorse derivanti dalla revoca per quasi 1,4 miliardi di euro finalizzate, dalla legge Finanziaria 2007, alle infrastrutture stradali in Sicilia e in Calabria e originariamente destinate al ponte sullo Stretto;
ü risorse derivanti dal taglio degli stanziamenti per spese in conto capitale dei ministeri (tab B della legge Finanziaria 2008).
Appare immediatamente evidente come, a fronte di oneri di natura corrente, le coperture siano individuate in maniera rilevante in risorse in conto capitale fatte confluire nel Fondo, il cui utilizzo risulta, quindi, strumentale ad un indebolimento e superamento del vincolo contabile che non consente di coprire spese correnti con spese in conto capitale perché si verificherebbe una dequalificazione della spesa.
Oltre alle risorse del Fondo, la copertura prevede l'utilizzo degli accantonamenti allocati dalla legge Finanziaria 2008 nella tabella A per spese di parte corrente dei ministeri per 170 milioni per il 2008 (più elevato, oltre, 450 milioni, a decorrere dal 2010) e un taglio lineare della tabella C, della medesima legge Finanziaria, dal 2010 molto sostanzioso perché pari a circa 1 miliardo di euro.
Va ricordato che entrambe le tabelle sono parte integrante delle leggi finanziarie: nella tabella A sono indicate le risorse accantonate per ciascun ministero per far fronte alla legislazione di spesa di parte corrente nell'ambito della propria attività, mentre con la tabella C si determina per ciascun anno il finanziamento per le leggi di spesa permanenti la cui quantificazione è rinviata alla legge finanziaria (come ad esempio la dotazione per il Fondo per gli affitti e il Fondo per le politiche sociali).
Più nel merito, tra i numerosissimi tagli di spesa utilizzati a copertura del provvedimento se ne segnalano di seguito alcuni particolarmente problematici.
1. Anzitutto, si realizza un obiettivo mai dichiarato dal PDL: togliere al Sud per dare al Nord, perché la manovra è finanziata in modo schiacciante togliendo soldi al Mezzogiorno. La Finanziaria 2007 aveva stabilito che le risorse inerenti agli impegni assunti da Fintecna S.p.a. nei confronti di Stretto di Messina S.p.a., al fine della realizzazione del Ponte sullo Stretto, fossero destinate a interventi di tutela dell’ambiente e difesa del suolo in Sicilia e in Calabria e soprattutto a interventi per la realizzazione di opere infrastrutturali in Sicilia e in Calabria, individuati successivamente nella statale Ionica, nella metropolitana leggera di Palermo, nella ferrovia Circumetnea, nelle piattaforme logistiche in Sicilia e nella superstrada Agrigento-Caltanissetta. Con il decreto questi 1.363,5 milioni di euro vengono revocati e destinati a misure che, per gran parte, favoriscono il Nord, come gli sgravi sugli straordinari e l’esenzione ICI (con la detrazione aggiuntiva prevista dalla Finanziaria 2007, infatti, si arrivava a un’esenzione fino a 300 euro per ogni unità abitativa, che significa l’esclusione per la maggior parte dei contribuenti del Sud, dove i valori dell’ICI non superano quella soglia, mentre al contrario il valore catastale degli immobili è più alto al Nord).
Inoltre, tra i tagli rientrano anche i 500 milioni per ciascuno degli anni 2008 e 2009 per la viabilità secondaria della Sicilia e della Calabria.
In totale, quasi due miliardi di risorse sottratte al Mezzogiorno.
2. Si prevede l’azzeramento delle risorse destinate agli investimenti nel trasporto pubblico locale.
Il trasporto pubblico locale riveste una valenza strategica in tema di concorrenza, sviluppo sostenibile e tutela ambientale e rappresenta l’elemento fondante per la costruzione di una politica per la mobilità sostenibile. La legge Finanziaria 2008 ha completamente riformato il sistema dei finanziamenti al TPL, con l'accordo di tutte le Regioni, degli enti territoriali e il consenso delle parti sociali, attraverso la definizione di una cornice giuridica coerente con titolo V della Costituzione e che assicurava, a partire da quest'anno, non solo maggiori risorse dopo dieci anni di stallo (244 mln di euro per il 2008, che si diventano in 264 mln di euro per il 2009 e 284 mln di euro per il 2010), ma soprattutto strutturalità e dinamicità al finanziamento del settore, mediante un meccanismo basato sulla compartecipazione all’accisa sul gasolio per autotrazione che non implica alcun inasprimento della pressione fiscale.
Con la Finanziaria 2008, inoltre, erano stati stanziati 113 mln di euro per il 2008, 130 per il 2009 e 110 per il 2010 destinati ad alimentare un fondo per specifici investimenti necessari a rendere più efficiente e più sicuro il servizio, con particolare attenzione al materiale rotabile, agli impianti per la sicurezza ferroviaria e alle tecnologie per i controlli.
Il Governo Berlusconi ha invece provveduto, come primo atto, a tagliare completamente i fondi per gli investimenti previsti nella Finanziaria 2008, così come senza alcuna preoccupazione ha tagliato una serie di risorse strategiche per lo sviluppo di una nuova mobilità nel paese, quali quelle destinate al rafforzamento delle autostrade del mare e del passaggio dal trasporto su gomma a quello su nave (-77 milioni per ciascun anno nel triennio 2008-2010).
3. I 300 milioni per l’Alitalia dal decreto-legge 80 del Governo Prodi erano presi dalla disponibilità del Fondo Rotativo per l’Innovazione Tecnologica (FIT). Si tratta di uno strumento per il finanziamento delle attività di sviluppo precompetitivo, le cui risorse avrebbero potuto tranquillamente essere reintegrate all’occorrenza e il cui utilizzo transitorio non avrebbe avuto particolare ricadute. Invece, nel decreto Berlusconi-Tremonti i 300 milioni vengono quasi esclusivamente attinti (290 milioni) dal Fondo per la competitività e lo sviluppo (-205 milioni) e al Fondo per la finanza d’impresa (-85 milioni), i due fondi istituiti da Industria 2015, il primo dei quali serve a finanziare tanto i Progetti di Innovazione industriale quanto gli altri interventi di sostegno gestiti dal Ministero dello Sviluppo Economico, presso il quale è istituito, mentre il Fondo per la finanza d’impresa ha l'obiettivo di facilitare l'accesso al credito e al capitale di rischio da parte delle imprese, soprattutto di quelle medie e piccole. La sottrazione delle risorse del Fondo per la competitività rappresenta un colpo durissimo per Industria 2015, perché distoglie risorse destinate al finanziamento di bandi già emanati e per i quali le imprese stanno lavorando per la presentazione dei relativi progetti. La sottrazione delle risorse del Fondo per la finanza d’impresa, invece, ne impediscono il decollo vanificando il lavoro fatto finora e per il quale siamo alla vigilia dell’ottenimento dell’autorizzazione da parte di Bruxelles.
4. Un altro capitolo che viene drasticamente ridimensionato, se non annullato, è quello delle politiche sociali. Alle risorse assegnate dalla Finanziaria 2008 al Ministero della solidarietà sociale vengono sottratti 70,1 milioni di euro per il 2008 (10 per l’Alitalia e 60,1 a copertura delle altre norme), che diventano addirittura 165,15 nel 2010. Inoltre, il Fondo per l’inclusione sociale degli immigrati, che era dotato di 100 milioni per il 2008 e 50 milioni per il 2009 viene praticamente azzerato, rimanendo con una dotazione di soli 5,1 milioni per il 2008.
5. Tra i tagli previsti ve ne sono alcuni particolarmente odiosi:
– il completo definanziamento (-20 milioni) del Fondo contro la violenza alle donne;
– il mantenimento di soli 17,5 milioni per il 2008 per l’implementazione di azioni tese ad accrescere la sicurezza stradale (lo stanziamento della Finanziaria 2008 ammontava a 35 milioni per il 2008, 25 per il 2009, 30 milioni per il 2010, 49 milioni per il 2011);
– il taglio, per il 2008, di 33 milioni di euro e di 20,5 milioni per le risorse accantonate, rispettivamente, per i Ministeri dell’interno e della giustizia, particolarmente contraddittorio con la presunta “emergenza sicurezza”;
– la soppressione del finanziamento per la ristrutturazione della rete idrica, tanto più grave perché estremamente necessaria per il Sud del paese.
6. Tutti gli stanziamenti destinati dalla Finanziaria 2008 a misure in favore della tutela ambientale e della attenuazione dei cambiamenti climatici vengono sostanzialmente azzerati. Le risorse sottratte ammontano a 71,8 milioni per il 2008, 67 per il 2009 e 67 milioni per il 2010 (tra le misure definanziate: l’istituzione e il finanziamento di nuove aree marine protette, il Fondo per la forestazione e la riforestazione di aree incolte, al fine di ridurre le emissioni di CO2, il Fondo a contribuzione volontaria “Un centesimo per il clima”, il Fondo nazionale per la fauna selvatica, il Fondo per il ripristino del paesaggio).
7. Anche le attività cinematografiche e culturali sono fortemente penalizzate. Sono soppressi: i crediti d’imposta a favore degli investimenti nella filiera del cinema (-16,7 milioni per il 2008 e 66,8 per il 2009 e il 2010); il contributo straordinario (di 2 milioni per il 2008, 8 milioni per il 2009 e 10 milioni per il 2010) alle sale cinematografiche; l’autorizzazione di spesa di 10 milioni per il triennio 2008-2010 a favore delle istituzioni di alta formazione e specializzazione artistica e musicale.