02 Dic IL CORRIERE DEL MEZZOGIORNO – Il diritto alle cure per tutti
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in Rassegna stampa
IL DIRITTO ALLE CURE, PER TUTTI
SANITA’: quale rapporto pubblico privato.
di Gero Grassi – Vicepresidente Commissione Affari Sociali camera Deputati
La discussione è stata finora ideologica e non ha tenuto conto che ci sono strutture private accreditate eccellenti insieme ad altre solo speculative. Ma lo stesso vale nel pubblico dove insieme ai livelli altissimi di professionalità e di competenza convivono realtà ormai inaccettabili.
I casi dell’ospedale di Vibo Valentia o della Clinica Santa Rita di Milano sono lì a dimostrarlo. Il Partito Democratico pensa che il vero problema non sia modificare la natura pubblica o privata delle strutture sanitarie, ma stabilire con chiarezza e senza tentennamenti che all’interno di un sistema di sanità pubblica i soggetti erogatori pubblici e privati fanno parte di una rete integrata di assistenza.
La logica organizzativa e il funzionamento di questa rete si avvale e deve premiare la capacità di innovazione e la qualità dei singoli erogatori. La competizione tra soggetti erogatori produce qualità e contiene i costi solo se si realizza all’interno di un sistema integrato e governato, altrimenti non è certo la concorrenza economica tra ospedali che funziona: al contrario la concorrenza sui D.R.G. aumenta i ricoveri impropri, gli interventi inutili, la duplicazione dei reparti e dei servizi, l’esplosione dei costi, a volte le truffe. E il cittadino è solo davanti ad un supermercato luccicante di prestazioni sanitarie a perdere, senza neppure un’etichetta onesta sui prodotti.
Ciò che funziona nella sanità è la collaborazione, la rete. Una rete nella quale si entra e si modifica la propria collocazione sulla base della qualità che si esprime e della corrispondenza tra i compiti assegnati e i risultati conseguiti, ma dalla quale si esce se gli obiettivi non sono raggiunti.
Si potrà così ristrutturare e ammodernare, sulla base di un piano per la qualità,la rete ospedaliera nazionale, con trasformazione degli ospedali piccoli e insicuri in centri polispecialistici. Non serve ridurre soltanto il numero dei posti letto. Gli ospedali potranno così dedicarsi alla cura delle acuzie, alla ricerca ed alla formazione liberandosi di costi e compiti impropri. Gli ospedali infatti, considerati gli alti costi di esercizio, devono sempre più essere utilizzati per i loro compiti specifici, lasciando alla medicina di famiglia e specialistica territoriale la soluzione della maggior parte dei problemi sanitari dei cittadini. Solo così si potrà ottenere un contenimento della spesa. Gli ospedali poi devono essere integrati tra loro in una rete funzionale che eviti le duplicazioni e preveda centri hub e spoke.
Per far questo serve una buona programmazione, fondata sull’analisi dei bisogni locali e di area vasta, che utilizzi appieno le evidenze scientifiche, organizzando al meglio i servizi, che sappia dire di no alla proliferazione di reparti e primariati.
Questa programmazione, che in moltissime regioni manca del tutto è la vera funzione di governo da ristabilire, la vera centralità del pubblico in sanità. Questa programmazione che compete alle Regioni non deve riproporre un impianto dirigista, rigido e chiuso che fatalmente finisce per intervenire in ritardo sugli eventi imponendo una logica burocratica e prescrittiva. È necessario un nuovo modello anche per la programmazione che sia rigorosa sugli obiettivi di medio periodo, ma che sia aperta e dia spazio alla innovazione nei processi e alla sperimentazione organizzativa.