La forte riduzione della natalità nel nostro Paese e le conseguenze sull’equilibrio del sistema-popolazione sono a tutti evidenti. Negli ultimi 60 anni, un arco temporale relativamente breve per la demografia, la transizione demografica ha profondamente trasformato i comportamenti e le strutture della popolazione italiana. La dinamica opposta degli straordinari guadagni nella sopravvivenza, da un lato, e della fortissima riduzione della fecondità, dall’altro, ha prodotto una struttura per età della popolazione fortemente invecchiata e che contiene in sé le premesse per un’ulteriore accelerazione del processo di invecchiamento.
Il fenomeno della contrazione delle nascite ha riguardato solo marginalmente il primo figlio: almeno fino alle coorti di donne nate nella seconda metà degli anni ’60, circa 4 donne su 5 non hanno rinunciato ad avere almeno un figlio. Nello stesso tempo i progetti riproduttivi delle donne continuano a prevedere in media almeno 2 figli, come confermato anche dai dati dell’edizione 2012 dell’indagine campionaria sulle nascite e le madri. Queste attese contrastano con gli indicatori di fecondità effettivamente realizzata, calcolati correntemente dall’Istat sulla base delle rilevazioni di fonte anagrafica; questi ci restituiscono, infatti, un quadro di persistente bassa fecondità: 1,4 figli per donna in media nel 2012. Ne deriva che i vincoli che limitano la fecondità italiana e che hanno fatto conquistare all’Italia il primato tra i paesi meno prolifici intervengono non solo sulla decisione di avere o meno un figlio, ma anche su quella di averne più di uno.
Considerando che l’intervallo medio tra la nascita del primo e del secondo figlio è di due-tre anni, un target privilegiato di osservazione e di intervento per le politiche a sostegno della famiglia è costituito proprio dalle donne divenute madri da poco.
Queste donne costituiscono l’universo di riferimento dell’indagine campionaria sulle nascite: le intervistate vengono contattate nel momento in cui generalmente maturano le scelte in merito ai progetti riproduttivi futuri e in cui con maggior forza si avverte il peso dei vincoli che si frappongono alla loro realizzazione.
L’Istat ha condotto tre edizioni dell’indagine campionaria sulle nascite e le madri, intervistando le donne che hanno avuto un figlio nel 2000/2001, nel 2003 e nel 2009/2010, con l’obiettivo di contribuire alla comprensione delle dinamiche più recenti dei comportamenti riproduttivi, anche in relazione con la crescente partecipazione femminile al mercato del lavoro registrata negli anni 2000...
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