11. MORO – Grassi: Aldo Moro. Delitto plurimo che continua – 31 agosto 2016

11. MORO – Grassi: Aldo Moro. Delitto plurimo che continua – 31 agosto 2016

11. MORO – Grassi: Aldo Moro. Delitto plurimo che continua

di Gero Grassi – Vicepresidente Gruppo PD Camera Deputati

Il 15 marzo, giorno precedente al rapimento di Aldo Moro, il capo della Polizia Parlato ed il capo della Digos di Roma Spinella si recano nel suo studio in via Savoia. Non ho certezza se incontrano il Presidente, ma Parlato con Moro parla almeno al telefono, anche se il dr. Nicola Rana sostiene, mentendo, che Moro e la sua scorta escludono qualsiasi rischio di attentato.
Della visita è fatto verbale, a decesso avvenuto. Moro chiederebbe scorta in via Savoia, quando lui non c’è per proteggere i documenti dello studio. Offensivo e ridicolo. Il Questore Migliorini, però, parla, a proposito di altro episodio relativo a via Savoia, di “malafede o incapacità del dr. Improta della Questura di Roma”.
In data 6 aprile 2016, in Commissione Moro 2, è interrogato il poliziotto Emidio Biancone, autista del dr. Spinella. Racconta che Il 16 marzo, dopo aver prelevato a casa Spinella, arriva in Questura, intorno alle 8,15-8,30 e si ferma nell’atrio con i colleghi.
Dice Biancone che, prima delle 8,45, il segretario di Spinella Enrico Correale, affacciatosi alla finestra dell’ufficio, gli intima di preparare l’auto perchè devono immediatamente partire. Aggiunge che dalla concitazione intuisce che “è successo qualcosa di molto grave”. L’auto di Spinella è imbottigliata e devono far presto. Dopo aver tentato di liberarla, con l’auto del dr. Giancristofaro, targata Roma S88162, partono immediatamente verso la direzione di via del Forte Trionfale (abitazione di Moro), come dice Spinella, appena entrato in auto. Spinella aggiunge “di correre, di fare il più in fretta possibile”. Durante il tragitto, quando sono ancora a poche centinaia di metri dalla sede della Questura, Spinella gli dice di andare in via Fani e contestualmente ascolta la radio di bordo che parla di via Fani.
Il percorso seguito è: “via Nazionale, piazza Venezia, corso Vittorio Emanuele. Superato il Tevere, imboccammo via della Traspontina, superato il quartiere Prati, giungemmo a piazzale Clodio. Imboccai la panoramica fino alla via Trionfale, poi via Igea e via Fani. Andammo veloci e ritengo di aver impiegato quindici minuti o poco più.
Dice Biancone: “Spinella è sereno e non chiede di usare la sirena che viene messa in funzione da me solo nei punti di maggior traffico”. Poi Biancone dice che, arrivato in via Fani, “parcheggia a sinistra, dinanzi al bar Olivetti, al fine di non intralciare i soccorsi”. Qui sosta per diverse ore senza mai notare se il bar Olivetti è aperto.
Le cronache giudiziarie e giornalistiche raccontano del bar chiuso. L’attuale Commissione Moro ha prove che il bar è aperto e per nulla estraneo al rapimento, visti i suoi frequentatori riconducibili alla banda della Magliana, alla mafia siculo-americana, alle BR, ai Nar, al vicecomandante generale di Gladio e ad una persona della segreteria di un esponente autorevolissimo della politica romana. Dice anche che al suo arrivo nota solo un’auto della polizia presente e non vede affatto Eleonora Moro, la quale sostiene in Commissione Moro 1 “di essere arrivata sul posto al massimo 15 minuti dopo l’agguato, avvenuto alle 8,55”. Quindi è arrivata alle 9,10.
Eleonora Moro: “Una delle cose che mi ha maggiormente impressionata è stato che le autorità sono arrivate dopo di me, dieci minuti o un quarto d’ora dopo. Ero riuscita a farmi un sopralluogo personale nella macchina per capire cosa fosse successo a mio marito, cioè se fosse ferito o non ferito. Avendo io chiesto loro cosa fosse successo, mi hanno risposto in maniera precisa: sono state le Brigate Rosse. Tanto che io mi sono permessa di dire: ma Eccellenza, come fa lei ad essere così sicuro che siano state le Brigate Rosse? Qui potrebbero essere centomila le cose! Debbo dire che ancora oggi io mi chiedo come questa gente fosse sicura e avesse deciso senza incertezza”.
La Commissione Moro 1 sostiene che “l’agguato inizia alle 8,55 e che alle 9,03 la notizia arriva in Questura”.
Domanda legittima: come fa Spinella ad avere la notizia alle 8,40-8,45? Come fa la Questura di Roma a parlare di via Fani alle 8,45-8,50?
Ma Spinella è lo stesso dalla cui scrivania, alla Procura della Repubblica di Roma, sparisce il rullino con le foto del rapimento fatte dal marito della giornalista Cristina Rossi? SI.
Spinella è lo stesso che insieme con il Questore di Roma Emanuele De Francesco, in data 28 settembre 1978, a proposito della provenienza di 34 dei 93 colpi di arma da fuoco sparati in via Fani, usando linguaggio omertoso, dice che provengono “da un deposito dell’Italia settentrionale le cui chiavi sono a disposizione di sole sei persone”? SI.
Non è ancora una conclusione e nessuna generalizzazione va mai fatta.
Carabinieri, Polizia, Servizi segreti, Gladio, CIA, KGB, Mossad, Marcinkus, Gelli e la P2, mafia, camorra, ndrangheta, banda della Magliana, magistrati ‘distratti’, giornalisti ‘compiacenti’, Governo e Parlamento assenti con almeno tre esponenti responsabili di complicità morale o di inazione, dichiarazioni di morte fatta prima dell’evento tragico da uomini di Stato, brigatisti infiltrati e brigatisti bugiardi.
‘Delitto di abbandono’. Ecco perché inseguiamo la verità. Per fare giustizia ad un Uomo e ad un Paese, quello sano.
Chi tace, chi non agevola, chi si disinteressa è colpevole di correità morale.
Anche oggi, dopo 38 anni

Roma, 20 maggio 2016