08. MORO – Grassi: Sembra una favola triste. E’ il caso Moro – 31 agosto 2016

08. MORO – Grassi: Sembra una favola triste. E’ il caso Moro – 31 agosto 2016

08. MORO – SEMBRA UNA FAVOLA TRISTE. E’ IL CASO MORO

di Gero Grassi – Vicepresidente Gruppo PD Camera

La Commissione Moro 2 ha proceduto al l’interrogatorio del signor Angelo Incandela, già Capo Ispettori del carcere di Cuneo. Il verbale e’ secretato per indagini in corso, ma le dichiarazioni fatte sono le stesse che Incandela ha svolto nel corso del processo per l’omicidio Dalla Chiesa presso il Tribunale di Palermo. Quindi sono pubbliche da tempo.
Provo a fare una sintesi senza alcuna conclusione e commento.
Nel 1978 il generale Dalla Chiesa, che Incandela conosce molto bene e con il quale ha già lavorato, gli chiede di registrare i colloqui privati tra i detenuti speciali del carcere di Cuneo ed i loro familiari. Gli chiede anche di leggerne la corrispondenza. Stessa cosa gli chiedono i Servizi segreti.
Incandela obbedisce ma si rende conto che i registratori avuti non gli consentono di ascoltare i discorsi registrati. Precauzione attuata nei suoi confronti.
A fine 1978 Dalla Chiesa chiede di incontrarlo fuori dal carcere di Cuneo, verso mezzanotte.
Incandela si presenta all’appuntamento in una stradina di campagna vicino il carcere e sale nella macchina di Dalla Chiesa, seduto dietro. Alla guida c’è un signore che lui non conosce. Dalla Chiesa gli dice che nel carcere di Cuneo, da finestre senza sbarre, e’ entrato un pacchetto, a forma di salame. Dentro ci sono le carte di Moro. A questo punto interviene il guidatore che, dal tono confidenziale con il generale, si intuisce non essere un carabiniere e parla del carcere di Cuneo da lui conosciuto molto bene. Lo descrive nei dettagli. Questo signore spiega ad Incandela dove potrebbe trovarsi il salame.
Incandela, dopo opportune indagini, trova il salame in una grata sotterranea del carcere e, così come Dalla Chiesa gli ha ordinato, lo consegna al generale senza guardare il contenuto. Fa una cosa, però, studia tutti gli ingressi al carcere e trova registrati alcuni nomi senza la indicazione del detenuto, cosa obbligatoria da fare. Scopre anche che alcuni nomi di persone entrate nel carcere sono completamente falsi, nomi di fantasia. Intuisce che il guidatore della automobile di Dalla Chiesa e’ entrato nel carcere da come ne parlava e per come lo descriveva.
Passa qualche mese e Dalla Chiesa chiama, presso il comando generale dei Carabinieri, Incandela. Gli fa vedere un pacco di carte e gli dice che, avvolte, saranno il salame che deve nascondere nel carcere di Cuneo per poi ritrovarle dopo ispezione. Ovviamente una volta trovate le carte, le deve consegnare a Dalla Chiesa, senza leggerne il contenuto. Incandela si rifiuta, facendo notare al generale che sarebbe un illecito e Dalla Chiesa gli risponde che anche così si serve lo Stato. Incandela dice no perché è un illecito.
A quel punto Dalla Chiesa si alza e si allontana qualche minuto, nel frattempo Incandela legge qualche foglio e si rende conto che trattasi di carte di Moro che parlano di Andreotti. Il generale torna e fa firmare una richiesta di colloquio con se stesso, retrodatata, dello stesso Incandela. Cosi risulta che e’ questi che ha chiesto di parlare con il generale.
Chi è la persona che guida l’auto con la quale Dalla Chiesa va a trovare in piena campagna e a mezzanotte Incandela?
Chi è l’uomo che tratta familiarmente dandogli del tu e chiamando generale Amen, Carlo Alberto Dalla Chiesa?
Un famoso giornalista, direttore della rivista OP di Roma.
Trattasi di Mino Pecorelli, ucciso il 20 marzo 1979 dopo aver pubblicato sul suo giornale la notizia, che aspetta da Milano, alcune foto che dimostrano la partecipazione alla strage di via Fani di persone estranee alle Brigate Rosse.
È’ la stessa persona che pubblica alcune lettere di Moro mai ricevute dai destinatari e che i brigatisti dicono doversi trovare in via Montenevoso a Milano. Incandela lo riconosce vedendolo in televisione qualche mese dopo, quando Pecorelli viene ucciso.

Roma, 20 maggio 2016