05. MORO – Grassi: Ricordare Aldo Moro a Torrita Tiberina – 31 agosto 2016

05. MORO – Grassi: Ricordare Aldo Moro a Torrita Tiberina – 31 agosto 2016

05. MORO – GRASSI: RICORDARE ALDO MORO A TORRITA TIBERINA

di Gero Grassi – Vicepresidente Gruppo PD Camera dei Deputati
 
 
 
Domenica 3 maggio 2015, arrivo a Torrita Tiberina alle 17. Meno di cinquanta km da Roma, un piccolo paese di 1000 abitanti nella valle tiberina. In piazza 16 marzo 1978 mi aspettano il giovane sindaco dr. Ilario Caprioli ed il segretario del PD prof. Mario Boschi. I cittadini seduti dinanzi al bar notano subito la presenza di un estraneo e ne intuiscono il motivo. Qui gli estranei vengono solo per Aldo Moro.
Torrita Tiberina sembra un paese da fiaba. Tutto a dimensione d’uomo. Silenzio totale, pulizia, ordine. Attorno al paese, abbarbicato su una piccola collina, tanto rigoglioso verde ed il fiume che scorre.
Ci dirigiamo al cimitero dove con il parroco argentino don Marcello, l’on. Andrea Ferro, i militanti PD e diversi cittadini ci portiamo sulla tomba di Moro. Mani delicate e gentili depositano un mazzo di fiori con il tricolore italiano.
La tomba è ubicata in fondo al cimitero. Una piccolissima cappella di circa dodici mq., costruita con mattonelle da fornace e porta in vetro. Fuori due vasi di fiori e piante con la terra di Puglia, gelosamente conservata da oltre trent’anni. Dentro, un sarcofago in pietra bianca contiene le spoglie di Aldo Moro. Incassate sotto il basolato, quelle della moglie Eleonora Chiavarelli.
La scritta dice ALDO MORO. Cosa altro aggiungere a Torrita? Mentre il parroco recita una sentita preghiera ed offre la ennesima benedizione del Signore al martire della democrazia e libertà, il mio sguardo vaga sulle verdi colline retrostanti verso Roma. Il contrasto è notevole. Da un lato la grande città eterna con i palazzi del potere, il traffico, i secolari monumenti, il correre della vita attuale. Dall’altro la tranquillità, l’umanità, il silenzio non solo del cimitero.
Aldo Moro, nelle lettere dal carcere delle Brigate rosse, scrive che vuole essere sepolto a Torrita Tiberina, paese nel quale agli inizi degli anni cinquanta ha acquistato, su invito di un Deputato locale, una piccola e modesta abitazione per trascorrere l’estate ed i fine settimana. Lontano dalla dimensione internazionale di Roma, vicino a poche anime. ‘La persona prima di tutto’ ha scritto durante il fascismo sulla ‘Rassegna’, giornale clandestino di Bari.
Il cimitero di Torrita lo avrebbero visitato in pochissimi. Oggi è luogo di pellegrinaggio di tanti italiani che rendono omaggio ad Aldo Moro.
La strada principale del paese, quella che conduce alla chiesa e che lui percorreva è intitolata ad Aldo Moro.
A Torrita Moro, appena arrivato negli anni cinquanta, familiarizza, con la sua discrezione, con la popolazione tutta. Saluta tutti e parla con tutti. Vuole la domenica andare a messa la mattina, ma il parroco gli fa notare che la messa è celebrata all’imbrunire e non puo’ farla solo per lui la mattina. Si adegua.
Cambiano i sindaci e le amministrazioni: democristiani e comunisti si alternano con i socialisti alla guida del paese. Moro è amico di tutti e per i cittadini è ‘Lui’. Ha per tutti una parola di conforto ed il tempo dell’ascolto.
Domenica lo abbiamo ricordato, avendo io avuto l’onore di parlare per circa due ore in una gremitissima sala dove i cittadini gli hanno tributato affetto, stima e grande attenzione. Parlo in una calda serata primaverile, mitigata da una leggera brezza e mi sembra di ascoltare, in un silenzio sacrale, le parole di Moro sempre attuali: ‘Questo Paese non si salverà, la stagione dei diritti e delle libertà si rivelerà effimera se non sorgerà un nuovo senso del dovere’. ‘Inserire nel circuito del potere quelli che ne sono ancora fuori’. ‘Senza i giovani non c’è futuro’. ‘Ogni persona è un universo’.
Alla fine della sobria, ma sentita e partecipata cerimonia, un lunghissimo applauso mi riporta al presente e sento i 93 colpi di arma da fuoco esplosi in via Fani, la mattina del 16 marzo 1978. Ma ascolto anche tutti i colpi successivi a quella data infausta.
Sento le voci dei brigatisti ed ascolto la voce della persona non italiana che esplode, da solo, 48 colpi di arma da fuoco. Scorrono dinanzi a me i volti di Leonardi, Ricci, Iozzino, Rivera, Zizzi, vittime di una strategia, anche internazionale, che volle interrompere la stagione del dialogo moroteo e la rinascita dell’Italia.
Mentre ricevo i complimenti e gli abbracci di tanti cittadini di Torrita, scorrono nei miei occhi lucidi i volti lucubri di quanti si sono interfacciati con quello che volgarmente viene indicato come ‘Il caso Moro’: uomini di Governo, uomini delle Istituzioni, magistrati, giornalisti, uomini delle Forze dell’ordine, cittadini che per anni ed anni hanno fatto finta di non vedere e di non capire ed hanno accompagnato moralmente e non solo la strage di via Fani e l’omicidio di Aldo Moro.
‘Sit tibi terra levis’ a Moro.
A tutti gli altri … che il rimorso ed il peso di una ingiustizia commessa li accompagni all’infinito anche nella tomba.
 
 
 
Roma, 20 maggio 2016